Vince la morte. Il suicidio assistito entra nell’ordinamento italiano con la sentenza della Consulta

Sconcerto e preoccupazione anche da parte della Conferenza Episcopale Italiana. Si teme per una legge

Alla fine ha vinto la cultura… della morte. Il suicidio assistito entra infatti nell’ordinamento italiano. E lo fa non con una legge, ma con una sentenza. Sì, perché la Corte costituzionale ieri ha di fatto confermato, come si legge su Avvenire, “quanto già anticipato un anno fa nell’ordinanza 207, quando aveva dato mandato al Parlamento di modificare l’attuale quadro normativo, che punisce sempre e comunque non solo chi istiga, ma anche chi collabora al suicidio di una persona. In qualunque stato si trovi”.

Il Parlamento, tuttavia, non ha legiferato. Così è arrivata, ieri, la sentenza in merito al caso di Marco Cappato, il politico radicale che accompagnò in una clinica in Svizzera Dj Fabo, l’ex disc jokey, tetraplegico dopo un incidente, che aveva scelto di togliersi la vita.

“La Corte – si legge nel comunicato – ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

Ora la preoccupazione è, che in seguito alla sentenza, possa arrivare anche una legge che ne confermi il contenuto. “Almeno 4mila medici cattolici sono pronti a fare obiezione di coscienza nel caso in cui, a seguito della pronuncia della Consulta, il Parlamento italiano legiferasse a favore del suicidio medicalmente assistito”. Questa è la posizione del vicepresidente dell’Associazione medici cattolici italiani (AMCI), Giuseppe Battimelli. L’associazione ha fortemente contestato la sentenza, così come la Conferenza Episcopale Italiana, che ha espresso sconcerto e preoccupazione, oltre a forti timori anche per le implicazioni culturali di questo orientamento.

Diverse sono state le reazioni anche nel mondo associativo. “Faremo ogni contrasto possibile e immaginabile, a livello di partiti, di Parlamento e società civile, affinché non si componga una legge. Faremo tutto il possibile perché non si arrivi a una legge che consenta l’eutanasia attiva”, ha detto invece il presidente del Family Day, Massimo Gandolfini. “Ogni vita è degna, se c’è qualcuno che la ama. E ogni malato desidera vivere, se c’è qualcuno che continua a gioire per il suo sorriso o per il suo respiro”, ha detto invece Gigi De Palo del Forum delle Associazioni Famigliari.