Virus ed epidemie: nuova minaccia per le famiglie siriane

siriaDal nostro inviato (Luigi Mariani) – In Siria cresce il rischio di diffusione di malattie infettive e presto il fenomeno potrebbe allargarsi anche all’Iraq. A peggiorare una situazione già gravemente compromessa dal collasso del sistema sanitario e dalla difficoltà di assicurare misure di prevenzione e contrasto delle pandemie, contribuisce ora l’espansione dello Stato Islamico, soprattutto nell’area nord est del paese: lo sfollamento di migliaia di persone in fuga dagli scontri e dalle persecuzioni etnico-religiose potrebbe infatti favorire il contagio di epidemie virali, secondo gli esperti.

Già dal 2013, in particolare, sono state avviate nel paese iniziative di vaccinazione contro la poliomielite e il morbillo, che hanno consentito di immunizzare milioni di bambini. Tuttavia, la situazione resta preoccupante, soprattutto dopo la segnalazione, lo scorso aprile, di due casi di polio a Baghdad, che alcuni professionisti del settore ritengono possano essere ricollegati proprio alla situazione in Siria.

“Questa crisi della salute pubblica è in gran parte il risultato di anni di attacchi al sistema sanitario da parte del governo siriano nelle zone sotto il controllo dei ribelli – ha dichiarato Annie Sparrow, esperta del New York’s Mount Sinai Hospital, in un’intervista rilasciata a “Syria Deeply” –. Non mi riferisco solo all’utilizzo di bombe a grappolo e, occasionalmente, di ordigni chimici, ma anche all’aver impedito che fossero adottate misure di tutela preventiva come le vaccinazioni e la decontaminazione delle acque”. A esasperare ulteriormente la situazione, le difficili condizioni operative legate appunto dall’avanzata dell’IS, come i rapimenti di personale medico, il sequestro dei convogli, gli esodi di massa.

Anche in occasione di un recente incontro di coordinamento fra ong presenti in Turchia e attive nel settore medico sanitario, a cui Amici dei Bambini ha preso parte, sono stati sollevati problemi relativi alla crescente insicurezza di determinate aree; un’importante organizzazione impegnata in una campagna di vaccinazione contro il morbillo ha annunciato peraltro di aver dovuto interrompere le operazioni per insufficienza di risorse.

C’è poi da considerare un aspetto non secondario, che complica ulteriormente gli interventi volti a prevenire o contrastare la diffusione di queste malattie: a livello sociale, infatti, per i rifugiati il contagio rappresenta spesso uno “stigma” che potrebbe compromettere la loro permanenza nella comunità, il che li scoraggia dal rivolgersi ai dottori o alle organizzazioni internazionali per ottenere le cure del caso.

Significativa la testimonianza della dottoressa Sparrow a riguardo: “C’era una bambina di un anno vicino al confine con l’Iraq a cui era stata diagnosticata la polio, lo scorso novembre; intorno a lei, si è verificato un vero proprio caso di ‘stigmatizzazione’. La sorella gemella è stata isolata e tutte le persone del villaggio hanno cominciato a evitarla, temendo di poter contrarre il virus da lei. Questo dimostra che l’idea di denunciare la malattia è spesso percepita come negativa, perché si è convinti che tutti ti eviteranno, ti marchieranno”. Alle già numerose emergenze in ambito medico sanitario presenti in Siria, sembra dunque aggiungersene una nuova e altrettanto grave. Un’altra minaccia per migliaia di famiglie, che sembrano destinate a non trovare pace, attaccate ormai da tutti i fronti, compreso quello della salute.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto il supporto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.

 

Fonti: Syria Deeply