“Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”

pesca miracolosaIn occasione della V Domenica del Tempo Ordinario, la riflessione di don Maurizio Chiodi, assistente spirituale nazionale di Amici dei Bambini e de La Pietra Scartata, prende spunto dal Libro del profeta Isaia (6,1-2.3-8), dalla Prima Lettera di san Paolo Apostolo ai Corinzi (15,1-11) e il brano del Vangelo di Luca (Lc 5,1-11) in cui si narra della pesca miracolosa degli apostoli.

 

Il Vangelo di questa domenica è molto suggestivo e lo è ancor più se lo leggiamo in parallelo con la prima lettura, che racconta della chiamata del profeta Elia.

L’evangelista Luca oggi narra della ‘chiamata’ di Pietro e dei suoi primi compagni in un modo molto particolare.

Gesù si è messo in cammino e il suo viaggio è verso Gerusalemme. Ma la strada è lunga. Siamo ancora agli inizi.

Il Vangelo dice che, mentre Gesù è sulla riva del «lago di Gennèsaret», a Cafarnao, il villaggio di Pietro, «la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio». È molto bella la ‘sete’ di tutta questa gente, che si stringe attorno a Gesù, per ascoltare la parola di Dio. Lui stesso è la Parola che si è fatta carne. Perciò la sua bocca dà carne alla Parola.

Vedete, tutto questo è tanto vero anche per noi.

Viviamo in un tempo in cui rischiamo di non avere più tempo per ascoltare la Parola. Le giornate scorrono via tra tanti impegni e distrazioni. Questo nostro mondo, in occidente soprattutto, sembra non avere più ‘bisogno’ di una Parola che viene dall’alto. Rischiamo oggi di soffocare questo desiderio di ‘Lui’, confondendolo in mezzo a tante voci, che ci paiono più attraenti.

Gesù, invece, ci colpisce e ci raggiunge, anche oggi. Anche noi siamo riuniti nell’Eucarestia, facciamo ‘ressa’ per ascoltare questa Parola!

 

Mentre Gesù parla, circondato dalla folla che quasi gli toglie l’aria per respirare, scorge dei pescatori che sono scesi dalla barca e stanno lavando le reti, dopo la pesca della notte.

Questi pescatori non sono tra la folla che si accalca attorno a Gesù.

Questi pescatori sono lì e stanno facendo il loro lavoro.

È Gesù che, molto liberamente – già conosceva Pietro! – sceglie la barca di Pietro. Con molta spontaneità, vi sale sopra e chiede a Simone «di scostarsi un poco da terra»Poi si siede nella barca e da lì continua a insegnare «alle folle».

È curiosa questa scena, che sottolinea la grande libertà di movimento da parte di Gesù. È lui che sceglie, è lui che dispone.

 

Possiamo anche immaginarci la sorpresa di Simone, forse anche il suo compiacimento o addirittura il suo orgoglio perché Gesù, questo maestro già famoso, ha scelto proprio la sua barca. Simone sembra ‘privilegiato’ da Gesù. Il suo sguardo si posa proprio su di lui.

Però, a un certo punto, accade qualcosa di sorprendente – il rapporto con il Signore ci riserva sempre molte sorprese! –.

Quando finisce di parlare, all’improvviso, Gesù dice a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca».  È una richiesta strana, anzi addirittura assurda. “Che ne sapeva questo Gesù di pesca? Lui che era un figlio di un falegname?

Non si pesca di giorno, perché i pesci non abboccano!”.

Questi e altri pensieri devono aver attraversato la mente di Simone. Non solo, però, perché Simone dice a Gesù: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla». Venivano da una pesca infruttuosa.

Quante volte, anche a noi, nella vita, pare di non ‘cavare un ragno dal buco’. Ci impegniamo, ci diamo da fare, per raggiungere un obiettivo, e poi tutto sembra sfumare. Così può essere nella vita lavorativa, nella vita familiare e affettiva, in tanti sforzi educativi.

Quante volte facciamo l’esperienza della fatica, perché ci sembra di non vedere e di non raccogliere i frutti del nostro impegno!

 

Eppure Simone non si ferma su questa obiezione a Gesù. E gli dice una parola bellissima: «ma sulla tua parola getterò le reti».

Simone avrebbe potuto fare a Gesù mille obiezioni e contestazioni. Eppure decide di fidarsi di Gesù, decide di gettare le reti, decide di obbedire.

Non è una decisione a casaccio, la sua. Non è insensata la sua scelta. È, invece, una decisione ‘fondata’ e autorizzata: «ma sulla tua parola».

Simone si fida di Gesù che, poco prima, si era ‘fidato’ di lui scegliendolo tra i tanti. Anzi, poco prima, aveva assistito alla guarigione anche di sua suocera, per mano di Gesù.

Dunque la fede di Simone non è per il primo che capita. Non è un credulone, quest’uomo. Anzi, è un uomo molto concreto. Sulla parola di Gesù, però, rischia molto. Rischia di fare una figuraccia davanti a tanta gente. Prima gli era sembrato di essere un privilegiato, un prescelto e magari si era anche inorgoglito. Ora, invece, rischia proprio il contrario.

Quante volte anche il nostro rapporto con Gesù è fatto di questi alti e bassi. Comunque, Simone si fida. Getta le reti.

La fede è pratica. È obbedienza ad una Parola sorprendente e irriducibile ai nostri schemi.

 

Il Vangelo dice che «fecero così [come Gesù aveva ordinato] e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano». Addirittura devono chiedere ai loro compagni, Giacomo e Giovanni, con la loro barca, e tutte le barche rischiano di affondare, travolte dalla enorme quantità di pesci pescati.

Quello che accade è sorprendente e inimmaginabile. Non avrebbero potuto prevederlo!

Grazie alla loro fiducia, permettono a Gesù di compiere un’opera prodigiosa.

 

Ancora più sorprendente, però, ci appare in questo racconto, che è ricco di ribaltamenti inattesi, la risposta di Simone. Si getta «alle ginocchia di Gesù».

È colpito Simone, da quanto è accaduto. È «invaso» dallo stupore, lui insieme con gli altri.

È bellissimo questo stupore di Simone e compagni!

È lo stupore che prende anche noi quando, davanti a un evento meraviglioso siamo colpiti dalla bellezza. Allora veniamo come ‘invasi’ dal sentimento di qualcosa che ci supera, ci affascina.

È un sentimento prezioso anche oggi, quello dello stupore.

 

Insieme a questo, però, Simone si dice anche ‘peccatore’: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo chiama Signore, che è il nome di Dio. Gli chiede di allontanarsi, mentre prima era tutto fiero di stargli vicino.

È forte questa sua confessione’ di essere peccatore, e cioè non solo debole, fragile, ma anche lontano da Dio, indegno di Lui.

 

Sono gli stessi sentimenti che accompagnano il profeta Isaia che, nel tempio di Gerusalemme, davanti alla vista meravigliosa di Dio, si sente invadere dal sentimento della sua indegnità.

 

 

Stupore e senso del peccato vanno insieme, qui. Non si oppongono affatto. Isaia confessa di essere «un uomo dalle labbra impure» e di vivere «in mezzo a un popolo dalle labbra impure».

Confessa, il profeta, la propria menzogna. Si scopre, cioè, peccatore. Allora uno dei serafini vola verso di lui e, per grazia, gli purifica le labbra dalla menzogna, dalla falsità, dal male che lo sommerge.

 

Così accade anche nel Vangelo. La risposta di Gesù alla ‘confessione’ di Pietro è incredibile. Invece di rimproverarlo, invece di fargli la morale, Gesù rilancia e dice: «Non temere; “non avere paura”. È come se gli dicesse continua a fidarti di me.

 

E poi lo manda, lo invia, come Dio con Isaia. «D’ora in poi sarai pescatore di uomini».  Non certo per ingannare gli uomini, ma per raccoglierli nella rete di un amore sovrabbondante, che ha conquistato te per primo!

Così è per ogni discepolo, per ogni cristiano.