“No ai trasferimenti a gruppi”. I minori migranti protestano a Lampedusa: l’intervento di mediazione degli operatori di Ai.Bi.

centro accoglienza lampedusaQuando l’accoglienza non è quella giusta, anche i piccoli decidono di fare sentire la propria voce. È quanto successo martedì 11 agosto a Lampedusa, dove un gruppo di giovanissimi migranti ha chiesto che venisse tutelato il loro diritto a stare insieme, a non essere separati dopo un viaggio interminabile in cui si sono fatti forza gli uni con gli altri perché non avevano nessuno che li sostenesse. Una situazione che si è risolta anche grazie all’intervento di chi ogni giorno lavora con i giovani migranti e sa cogliere al meglio le loro necessità.

I protagonisti di questa vicenda sono poco meno di 40 minori, la gran parte eritrei e di età compresa tra i 14 e i 17 anni, sbarcati nei giorni precedenti sulle coste dell’isola siciliana. Avevano tentato la traversata del Mediterraneo, come avviene quotidianamente a centinaia di profughi di ogni età. Al loro approdo, anziché il calore e la tutela di una famiglia, a cui ogni minore avrebbe diritto, hanno trovato ad aspettarli il centro di accoglienza di Lampedusa.  Dopo qualche tempo di permanenza, è giunta loro la notizia che sarebbero stati trasferiti altrove. Ma non tutti insieme come erano arrivati: separati in piccoli gruppi. È stata questa la causa che ha scatenato la loro protesta.

Intorno alle 8 di mattina, i giovani migranti sono usciti dal centro e si sono incamminati verso il porto dell’isola. “Ho avvertito che c’era un po’ di movimento in giro e sono andata a vedere che cosa stesse accadendo – racconta Maria Veronica Policardi, operatrice di Amici dei Bambini a Lampedusa -. Quando sono arrivata ho visto i ragazzi che si erano seduti sulla banchina e chiedevano di essere trasferiti tutti insieme. È stata una manifestazione molto pacifica e silenziosa, non c’è stata assolutamente confusione. Anche perché – aggiunge – tutto è stato tenuto sotto controllo dalle forze dell’ordine fin dal primo momento”.

Sul posto, infatti, sono intervenuti i carabinieri della locale stazione, i poliziotti operanti presso il centro di accoglienza e la guardia costiera. Il vero lavoro di mediazione è stato effettuato dagli operatori di alcune organizzazioni non governative, tra cui proprio Ai.Bi., e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), oltre che dal sindaco dell’isola e dalle suore di don Morinello.

“Abbiamo cercato di spiegare loro – ricorda l’operatrice di Ai.Bi. – che è piuttosto difficile riuscire a trasferire un gruppo così numeroso di minori non accompagnati senza dividerlo. Non è come per i migranti adulti. Per i minori bisogna attendere che si liberino i posti nelle strutture adeguate e questo non avviene nello stesso momento per così tante persone. Attualmente il centro di accoglienza di Lampedusa, che può ospitare fino a un massimo di 350 persone, è al collasso, perché negli ultimi giorni ci sono stati molti sbarchi. I trasferimenti avvengono praticamente ogni giorno, ma può capitare che a volte ci siano dei ritardi”.

Verso le 13 e 30 la situazione è tornata alla normalità. I giovani migranti sono rientrati nel centro di accoglienza e solo un piccolissimo gruppo di 4 o 5 “irriducibili” persisteva nella protesta. Ma anche con loro, poco dopo, il lavoro di mediazione ha avuto successo.

Ennesima dimostrazione, quindi, di come i minori non accompagnati abbiano essenzialmente bisogno di qualcuno che li ascolti e li sostenga. Quell’ascolto e quel sostegno che solo una famiglia può veramente dare. Per questo, con il suo progetto “Bambini in Alto Mare”, Ai.Bi. da quasi 2 anni lavora ogni giorno per garantire un’accoglienza giusta, familiare, ai migranti più indifesi.

 

Fonti: Agrigento Notizie, la Repubblica