Repubblica Democratica del Congo. Goma: bambini rapiti ogni giorno per rinforzare le milizie locali. Il racconto di Shakira, rapita e costretta a sparare.

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Che la vita in Congo per i bambini non sia facile è, purtroppo, cosa nota. Tra povertà, fame e malattie ogni giorno per loro è una lotta con la sopravvivenza. A rendergli la quotidianità una ‘roulette russa’ si aggiungono i rapimenti che avvengono all’ordine del giorno con l’unico scopo di arruolarli come soldato tra le milizie locali in costante guerra tra di loro.

Ed ecco che città come Goma (dove i rapimenti avvengono maggiormente) diventano luoghi infernali dove è il ‘diritto del minore’ è una chimera; e un sogno avere una casa con una mamma e un papà, che si prendono cura di lui, garantendo quella sicurezza e spensieratezza a cui ogni bambino ha diritto.

Ai bambini soldato dedica un ampio articolo il Corriere della Sera dal titolo In Congo, il Paese delle bambine soldato dove si raccontano le storie dei “kadogo” (bambini soldato) e “kubaka” (schiava sessuale).

Fuggita di casa quattordicenne “perché non c’era nulla da mangiare e nessuna speranza per il futuro” attirata dalle milizie armate che offrono “pane e dignità” tra i loro campi di capanne nel folto della giungla. Ma poi trattata da “Kubaka”, schiava sessuale, per lunghi mesi, sino a che, dopo il periodo di addestramento militare, non si affranca e assume un ruolo più autonomo.

Solange Zawadi, anche lei da poco maggiorenne, a sua volta rapita, utilizzata per trasportare le merci rubate, affidata al suo “padrone” con diritto di vita e di morte. Oggi lei si dice “felicissima” di essere stata liberata assieme al suo bambino di ormai tre anni nato tra i suoi persecutori.

Abbiamo imparato a sparare  – racconta ancora Emakilè, arrivata a Goma da meno di una settimana – a smontare e pulire i fucili, a tirare le granate e compiere imboscate”.

Le loro storie sono l’eco drammatico delle infinite tragedie che ammorbano l’Africa profonda. Bambini soldato, Kadogo nei dialetti locali: almeno 60.000 nel solo Congo (ma c’è chi dice 100.000), di cui oltre il 35 per cento bambine, in grande maggioranza concentrati tra i circa 400 gruppi armati delle regioni nord-orientali del Kivu. “Il fenomeno è destinato a peggiorare. In genere i minorenni sono ottimi soldati. Obbediscono docili, sparano, uccidono, rubano senza fare troppe domande. In Congo è normale utilizzarli nella difesa dei villaggi. Bambine e bambini, senza differenze”.

Quando i soldati con la lunga barba nera ci hanno portato nella giungla subito siamo stati costretti a pregare per Allah in una piccola moschea fatta di tronchi e fango. Noi bambini cristiani siamo stati convertiti. Chi non pregava veniva picchiato, non poteva mangiare», racconta ancora David, 9 anni. Rapito con la famiglia nel 2013 dal loro villaggio nel nord del Kivu, subisce ben presto l’indottrinamento dei suoi guardiani, militanti nella Adf/Nalu, milizia di jihadisti ugandesi. Due anni fa è stato liberato dai soldati di Kabila durante uno scontro a fuoco.

David da pochi mesi ha iniziato a disegnare la sua odissea come se fosse un fumetto. Disegnare per lui è come una terapia liberatoria. Apre il foglio bianco sul tavolo, prende le matite e sorride. Non così Shakira, un’undicenne musulmana ugandese trovata assieme a 54 minori (tra cui 24 bambine) abbandonati e quasi morti di fame. Sussurra e piange Shakira: ha perso mamma, papà, fratelli, non sa dove sia la sua casa, non ricorda il nome del suo villaggio ed è rimasta sola.

Fonte: www.corriere.it