Migliorare l’accompagnamento delle coppie nelle adozioni internazionali: rinnovato per 4 anni l’accordo fra Regione Toscana e Enti autorizzati. Irrilevante il fenomeno dei fallimenti adottivi

Visti i successi avuti nelle collaborazioni precedenti, che hanno portato oltre all’accompagnamento integrato delle coppie, la stesura di vere e proprie linee guida metodologiche, dallo studio delle coppie adottive agli strumenti per favorire l’integrazione familiare e sociale, è stato rinnovato per altri 4 anni l’accordo di collaborazione tra la Regione Toscana, gli enti autorizzati, tra cui Ai.Bi. Amici dei Bambini e i servizi del territorio.

L’impegno è quello di consolidare e migliorare il sistema integrato di accompagnamento alle adozioni internazionali delle coppie.

La firma del rinnovo è avvenuta nell’ambito di una riunione, a cui ha partecipato la referente di Ai.Bi. Toscana, che si è svolta a fine aprile nel corso della quale sono stati resi noti i risultati dell’indagine pubblicata nel report del Centro regionale “Adozioni in Toscana: conoscere le difficoltà per sostenere le famiglie” redatta con lo scopo di conoscere e comprendere le dinamiche in cui si verificano situazioni di crisi o fallimento nelle adozioni per delineare migliori strategie di sostegno alle famiglie. Insomma conoscere le difficoltà per supportare e aiutare le famiglie.

L’indagine si è concentrata sui bambini e i ragazzi in carico ai servizi sociali al 31 dicembre 2014 per i quali, in base a quanto riportato dai dati risultanti dal Monitoraggio sugli interventi per bambini e ragazzi in famiglia e fuori famiglia nelle zone socio-sanitarie e società della salute toscane. Anno 2014sono stati attivati interventi che vanno oltre il normale iter post-adottivo.

Nella scelta dell’universo di riferimento si è pertanto deciso di allargare il bacino dei minori coinvolti a tutti i bambini e ragazzi adottati che a vario titolo sono entrati in contatto con i servizi sociali territoriali, ipotizzando che tra questi potessero essere inclusi anche quei casi in cui emergono difficoltà riconosciute, se non formalizzate, delle relazioni tra figli e genitori adottivi.

Sono stati compilati 114 questionari su 212 casi di minori adottati per i quali sono stati attivati servizi oltre il normale iter post-adottivo in carico ai servizi sociali toscani alla data del 31 dicembre 2014. Hanno partecipato alla ricerca 23 zone sulle 30 che avevano casi d’interesse.

Dal report emerge che il “fallimento” delle adozioni (inteso come formalizzazione della decadenza della potestà genitoriale) è oscillato in Toscana fra uno e due casi dal 2012: un numero limitato considerate le diverse migliaia di bambini e ragazzi ancora minorenni che si stimano residenti nel territorio regionale.

Un altro dato rilevante del rapporto evidenzia che meno della metà delle famiglie coinvolte nell’indagine ha partecipato a iniziative di preparazione e formazione nel periodo precedente alla disponibilità all’adozione; quota che si dimezza nel periodo dell’attesa (24,8%).

E’ qui che Michela Della Porta, referente Ai.Bi. Toscana ha messo in evidenza quanto sia importante rendere la formazione obbligatoria alla presentazione della domanda di idoneità nonché attivare dei servizi di sostegno e accompagnamento nella fase di attesa e post-adozione integrati dalla partecipazione alle attività degli Enti autorizzati e Centri adozione del territorio.

Alessandro Salvi, responsabile della sezione Innovazione Sociale del dipartimento “Diritti d cittadinanza e coesione sociale” ha sottolineato che tali osservazioni, già in discussione in Regione, saranno prese in considerazione per migliorare gli strumenti e metodologie del nuovo protocollo appena firmato.

Per quanto riguarda la fase del post-adozione, i dati rivelano che i servizi sono entrati in campo per le famiglie in tempi non prossimi alla formalizzazione dell’adozione. In un quarto dei casi il bambino è stato preso in carico nell’anno stesso in cui era stato adottato, nel 10% l’anno successivo. Un ulteriore 16% è stato preso in carico fra il terzo e quinto anno e il 32% oltre il sesto anno dall’adozione, in un’ottica che si ipotizza di risposta ai problemi emergenti, piuttosto che di prevenzione. Gli interventi riconducibili a una funzione di supporto alla genitorialità, infatti, risultano attivati in misura minore rispetto agli interventi in ambito sanitario e scolastico volti a dare risposta a problemi già emersi.

Un altro aspetto importante messo in luce dall’indagine è la necessità di prevedere forme di sostegno integrate in una prospettiva di continuità nelle diverse fasi dell’esperienza adottiva.

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