Trasparenza ed affidabilità: i punti di forza del buon Non Profit che non possono essere messi in discussione da “L’industria della carità”

Logo_IIDL’Istituto Italiano della Donazione (IID) si pone con stupore di fronte alla pubblicazione del libro dal titolo “L’industria della carità” della giornalista Valentina Furlanetto. Il volume parte dall’interessantissima premessa di analizzare nel dettaglio il lavoro delle ONG ma purtroppo fornisce un quadro solo parziale, parla in maniera indistinta di realtà molto diverse tra loro e usa termini specifici del Terzo Settore come sinonimi, restituendo così un’immagine del Non Profit italiano che non rispecchia la realtà.

Rispetto al riferimento all’Istituto Italiano della Donazione all’interno del libro “L’industria della carità” fa notare Giovanni Bogani, Presidente del Comitato Tecnico dell’IID: “tutti i meccanismi di controllo per l’ottenimento dei marchi di qualità avviene dietro compenso pagato alle società di revisione dalle stesse realtà che ne richiedono l’ottenimento. Il processo di verifica dell’IID, per evitare l’autoreferenzialità denunciata all’interno del libro, è affidato a verificatori esterni che operano presso Società di certificazione internazionali accreditate. L’esito delle verifiche documentali e del rapporto di ispezione in campo è a sua volta verificato da un Comitato Tecnico dove operano pro-bono professionisti esperti in diverse discipline (Revisione contabile, Studi legali, Fund raising, Sistemi di gestione, Certificazione e Accreditamento) i quali non dipendono dall’Istituto, a garanzia della terzietà della verifica. Si sottolinea che la verifica annuale mediante audit in campo è una caratteristica unica dell’IID rispetto alle iniziative internazionali analoghe”.

L’Istituto e i propri Soci pongono nella trasparenza e nel rapporto di fiducia con il donatore il fondamento del proprio lavoro, non possono quindi non esprimere dissenso se viene messa in dubbio la credibilità del proprio operato perché messa in un unico calderone con chi opera in modo poco serio.

“L’efficienza dei nostri soci – sottolinea Edoardo Patriarca, Presidente IID – è per noi un fattore chiave che viene costantemente misurato e controllato a favore dei donatori stessi, affinché essi possano donare con fiducia alle realtà che hanno il nostro marchio. Per dare ancora più forza a questo fondamentale obiettivo l’IID ha presentato lo scorso novembre l’indagine Indici di efficienza degli Associati IID (2a edizione, riferita agli anni 2009, 2010 e 2011) realizzata dall’Osservatorio di sostegno al Non Profit sociale dell’IID”.

Lo studio affronta il tema – da anni al centro del dibattito tra addetti ai lavori e non solo – dell’individuazione di alcuni significativi indici di efficienza per il Terzo Settore italiano. L’analisi, svolta su un campione di 55 Organizzazioni Non Profit (ONP) Socie dell’Istituto, si focalizza infatti sull’utilizzo di un set di indici che si rifanno alla Raccomandazione N° 10 formulata dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, volti ad analizzare l’impiego delle risorse da parte delle ONP e l’efficienza della loro raccolta fondi.

L’indagine è stata preceduta da un lavoro di riclassificazione dei bilanci secondo il modello predisposto dall’Agenzia per il Terzo Settore, laddove non ancora applicato.

Dall’indagine emerge che gli oneri negli anni 2009 – 2011 dei Soci IID sono in media così distribuiti: 83% per la missione (oneri istituzionali o tipici), 11% per la struttura (oneri di supporto), 6% per la promozione e la raccolta fondi.

L’indice di efficienza della raccolta fondi (oneri raccolta fondi su proventi raccolta fondi) dei Soci IID non differisce dall’analisi precedente, attestandosi a 0,19: in media sono dunque necessari 19 centesimi per raccogliere un euro.

Nel campione di Soci che hanno risposto vi sono tutte le 30 ONG Socie dell’Istituto, realtà che sviluppano Progetti di Cooperazione nei paesi in via di sviluppo che si occupano di Sostegno a distanza e/o di Adozioni Internazionali. Il loro risultato è ancora più virtuoso della media: 84% per la missione, poco meno dll’11% per la struttura, e circa 5% per la promozione e la raccolta fondi. Questi valori variano leggermente nel corso dei tre anni presi in analisi.

Fa poi osservare Franco Vannini, coordinatore del comitato associati IID: “Lo stupore manifestato nel libro per la presenza di patrimoni significativi dimentica che i maggiori esperti del settore trovano proprio nella sotto patrimonializzazione un punto di debolezza del sistema. Stesso discorso vale per la dimensione dei bilanci delle realtà prese in considerazione nel libro della Dott.ssa Furlanetto: quasi sempre delle importanti realizzazioni presuppongono la messa in campo di risorse adeguate”.