discriminazione bambini da accogliere

Adozione internazionale: continua silenziosa, ma costante la prassi dei decreti ‘vincolati’, che discriminano i bambini da accogliere

I Tribunali per i Minorenni continuano ad emettere provvedimenti “Vincolanti”. Una prassi che mina alle fondamenta l’istituto dell’adozione internazionale.

discriminazione bambini da accogliereNon si ferma la ‘prassi’ di alcuni Tribunali per i Minorenni di emettere decreti ‘vincolati’, con l’indicazione di limitazioni all’adottabilità sia sul versante delle coppie che su quello dei minori in attesa di adozione. Questi decreti impongono dei ‘paletti’ non previsti dalle normative sull’adozione che rischiano, di fatto, d’impedire del tutto la possibilità di arrivare a una felice conclusione dell’iter adottivo. A nulla sembra aver provveduto la Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n.13332 del 2010, in cui aveva chiarito una volta per tutte il divieto di discriminazioni e il fine solidaristico dell’adozione internazionale quale strumento per dare una famiglia a un bambino e non viceversa un bambino a una coppia.

I Tribunali per i minorenni che più frequentemente negli ultimi anni inseriscono vincoli relativi all’età sono quelli di Venezia e di Roma: anche nel 2017 è stata rilasciata l’idoneità a coppie che hanno espresso preferenze per una fascia di età limitata e questi ‘desideri’ sono stati accolti.

Tra i vari decreti ‘vincolati’ di cui l’ente è venuto a conoscenza nello svolgimento del proprio ruolo di accompagnatore delle coppie nell’esperienza adottiva quelli del Tribunale per i Minorenni di Trieste che si è dimostrato aperto ad accogliere limitazioni manifestate dalle coppie sia sull’età che, in particolare, sotto il profilo delle condizioni di salute. In un decreto, in particolare, è stato deciso di ridurre la fascia d’età dei bambini potenzialmente accolti dalla coppia, specificando che il bambino abbia da 0 a 6 anni, per una coppia che potrebbe adottare un minore da 0 a 18 anni meno un giorno (avendo, nel contempo, non più di 45 anni e con non meno di 18 anni di differenza d’età rispetto al minore). In pratica, in questo modo i requisiti previsti dalla legge ordinaria vengono modificati e ‘stravolti’ dal decreto senza peraltro precisare in quale momento si dovrebbe calcolare l’età massima del minore (6 anni): alla data del decreto? O a quella dell’abbinamento? O, ancora, alla data della sentenza straniera? Oppure, in ultimo, al giorno dell’ingresso in Italia? Insomma, ci si trova di fronte a vincoli che riducono la competenza discrezionale delle autorità estere, bloccando di fatto numerose possibilità di abbinamento.

Nello stesso decreto è anche contenuto un grosso vincolo legato alle condizioni di salute dei bambini in attesa di adozione, essendo scritto che il bambino o i bambini accolti dalla coppia “deve/devono essere privo/privi di handicap di grado medio o grave o disturbi psicofisici che compromettano in maniera irreversibile il raggiungimento dell’autonomia“. Su questo aspetto, oltre alle norme nazionali e internazionali sul divieto di discriminazione delle persone in base alle condizioni di salute (vd. in particolare la Convenzione dell’ONU sui diriti delle persone con disabilità), bisogna tener conto di quanto sia irrealistico che un genitore di un minore, che comunque non potrà essere autonomo per lunghi anni – tanto meno nel periodo 0-6 – possa avere la garanzia che per un qualunque figlio il futuro non riservi situazioni idonee a compromettere in modo irreversibile il raggiungimento dell’autonomia.

Si tratta, perciò, di una descrizione talmente generica che comporterebbe una valutazione quasi impossibile da effettuare in astratto. In questo secondo provvedimento, peraltro, non è neppure chiarito in base a quale elemento il Collegio abbia introdotto tali limitazioni: le richieste o i desideri della coppia? Una valutazione psicologica riferita alle risorse della coppia che non consentirebbero di affrontare nel futuro situazioni di non autonomia del figlio?

A tale proposito, Amici dei Bambini aveva depositato nel 2013 un esposto in Procura presso la Cassazione, allorchè in un altro decreto si faceva cenno ad analoghe limitazioni discriminatorie relative alle condizioni di salute del minore. In quel frangente, il procedimento si concluse con l’archiviazione, perchè il Tribunale per i Minorenni (in quel caso di Roma) aveva provveduto a rimuovere la limitazione dal decreto su richiesta della coppia, che nel frattempo aveva effettuato un percorso di formazione presso l’ente autorizzato, rendendosi conto di che cosa fosse l’adozione internazionale, al di là delle attese e aspirazioni astratte.

Ancora una volta, però, tornano a verificarsi situazioni che non tengono conto della giurisprudenza e delle normative sull’adozione. Decreti che, tuttavia, non sembrano diminuire e, per questo, richiedono di porre nuovamente la questione ai più alti gradi della giurisdizione nazionale. Anche perchè il crollo dell’adozione internazionale nel nostro Paese è frutto pure del proliferare di decreti ‘anomali’ come questi.