Adozione Internazionale. E così siamo diventati “brasitaliani”!

Aspettare di partire per un’adozione internazionale non è solo attendere: è studiare, imparare, sforzarsi di andare per primi incontro al nuovo. Per accogliere un figlio, una cultura, un Paese e diventare… qualcosa di nuovo. Insieme

Cibi, musiche, fiabe, profumi… Oltre a cercare di imparare la lingua parlata nel Paese di nostro figlio. Così, un domani, saremo noi la memoria della sua patria e il legame con il suo passato: questo ci avevano sempre detto gli operatori del nostro EA, fin dall’inizio della procedura adottiva, quando abbiamo scoperto quale sarebbe stata la destinazione del nostro iter adottivo.

È così che siamo diventati “brasitaliani”!

Amiamo il Brasile in modo viscerale, è il Paese di provenienza di nostro figlio e, onestamente, confessiamo che ai Mondiali di calcio il nostro cuore è diviso tra il sostegno agli Azzurri, ma anche ai Verdeoro! Anche se il nostro unico desiderio… è che queste due squadre non si incontrino mai.

Prima di partire sapevamo a memoria tutte le canzoni di Chico Buarque (uma menina, estacao derradeira….) e ci pareva il miglior cantante di sempre. Abbiamo ascoltato e riascoltato le canzoni di Gilberto Gil. Pure i Tribalistas, con la loro jo sei namorar, ci sono serviti in quel tempo per avvicinarci ai termini che avremmo pronunciato nel tuo paese.

Certo non eravamo andati a scuola di lingua brasiliana, ma già ascoltare queste canzoni e capire qualcosa, ci dava speranza di poter affrontare dialoghi più seri con i servizi, i giudici, qualsiasi operatore avremmo incontrato lungo l’iter adottivo.

Per fortuna Ai.Bi. ci ha dotati di un manuale di lingua coi termini più usati nella famiglia e nel viaggio che ci avrebbe portati a te: quel libro non ha più il colore blu che aveva in origine, da quanto lo abbiamo consumato!

Abbiamo approcciato anche la cucina brasiliana e riteniamo di “saper cucinare”; con risultati discutibili, certo, ma con molto impegno e passione per riassaporare la feijoada, l’asado… e poco altro, a dire il vero.

Prima di volare dall’altra parte dell’oceano abbiamo provato a combinare in tutti i modi i fagioli neri con verdure e frutti tropicali dai nomi che non so neanche pronunciare, suscitando l’ilarità del fruttivendolo che si doveva impegnare a ricercare queste prelibatezze.

Ammettiamo di aver pensato anche a corsi di balli brasiliani, ma mio marito è stato categorico nel rifiutarsi (a dire il vero, lo aveva fatto anche quanto gli proposi il tango, il valzer… Più che altro perché a ballare è un “pesce lesso”, non certo per un’avversione ai balli locali).

Abbiamo collezionato, negli anni, bandiere e oggetti con i colori brasiliani che amici e parenti ci hanno donato, sapendo che sarebbe stata quella la meta della nostra adozione. Oggi, la nostra casa è un insieme di verdi e gialli, più o meno sbiaditi, in ogni angolo.

Tutto questo lo abbiamo fatto nel periodo dell’attesa, per venire incontro alla cultura, al calore della gente, all’atmosfera e al folclore carioca. Lo abbiamo fatto per prepararci al “miscuglio” che saremmo diventati con il tuo arrivo.
Oggi, la tecnologia ci aiuta con le radio brasiliane in streaming, con la tv satellitare che cerca programmi provenienti dal tuo Paese e tu sei il primo che, al sentire quella parola o quel ritmo, accenni un sorriso e mi dai di gomito dicendo: “Hai sentito?”. E così ridiamo insieme, perché questo ci riporta al tuo passato, che nonostante tutto hai portato con te.

E, non lo si dica a voce alta, ancora adesso il calcio (anzi il Futebol) per la nostra famiglia è solo quello del Santos, della Juventude, del Fortaleza…

Così come i ristoranti brasiliani (o pseudo tali) che, per fortuna, sono spuntati come funghi anche qui in Italia: certo, nulla a che vedere con le atmosfere e i sapori che abbiamo respirato e che ci hanno avvolto nei circa due mesi di permanenza lì, ma sono comunque utili per colmare, quando ci assale, la Saudade!