Adozione internazionale #unbeneXtutti. Il rilancio dell’adozione passa dai protocolli regionali, ma solo 10 regioni li hanno promossi

Attualmente sono meno del 50 per cento le realtà regionali che hanno provveduto ad assolvere a quanto previsto dalla legge 476/98, secondo cui “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano” dovrebbero promuovere “la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili

Questo ‘vuoto’ normativo fa sì che i servizi socio-assistenziali degli enti locali, singoli o associati, relativi alle procedure per l’adozione internazionale, non di rado non funzionino o comunque non siano strutturati in modo adeguato per offrire risposte certe e accompagnamento alle coppie che decidono di adottare un bambino abbandonato

Probabilmente non sarà percepito come il problema più grave in una fase particolarmente difficile della vita del sistema-adozione internazionale: eppure, la ‘svista’ di più della metà delle Regioni italiane sul fronte del recepimento di quanto indicato, ormai ben 20 anni fa, attraverso la legge 476/98, a ben guardare appare clamorosa.

In quel dettato normativo, infatti, era previsto che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano avrebbero dovuto promuovere la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili (art. 39-bis, lettera ‘c’). Protocolli utili per favorire lo sviluppo compiuto di “una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla presente legge” (lettera ‘a’) e vigilare “sul funzionamento delle strutture e dei servizi che operano nel territorio per l’adozione internazionale, al fine di garantire livelli adeguati di intervento” (lettera ‘b’).

Dati alla mano invece, così come sono stati presentati dai portavoce dei 20 Enti Autorizzati nel corso della Conferenza ‘Adozioni internazionali: un bene per tutti’ dello scorso febbraio a Roma, la risposta a questa richiesta in molti degli enti locali (oltre il 50 per cento) chiamati ad assolverla tarda ancora ad arrivare. E non è solo una pedissequa questione ‘giurisprudenziale’: senza il recepimento operativo e omogeneo per tutte le Regioni dei protocolli regionali per l’adozione internazionale, infatti, il rischio è che in Italia vi siano Regioni a differenti ‘velocità’ e grado di efficienza sul fronte dell’adozione internazionale, da cui derivano situazioni molto differenti per le coppie che decidono di adottare in base a dove risiedono.

Ecco perchè, tra le proposte di ampio respiro promosse durante la Conferenza, c’era anche quella di realizzare finalmente questi protocolli operativi regionali nel resto delle Regioni che ancora non li hanno e, ove possibile, di avviare un processo di uniformazione di quelli esistenti, se necessario attraverso un intervento della Conferenza Stato-Regioni, per ‘limare’ le differenze attualmente presenti.

Solo a questo punto, come indicato all’Articolo 29-bis, comma 4 della legge citata, sarà possibile avere un percorso di reale efficienza e sostegno alle aspiranti famiglie adottive quanto a “informazione sull’adozione internazionale e sulle relative procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui all’articolo 39-ter; preparazione degli aspiranti all’adozione, anche in collaborazione con i predetti enti; acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di un’adozione internazionale, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per i minorenni della loro idoneità all’adozione“.

Perchè nell’attuale contesto nazionale, per chi sceglie coraggiosamente di restituire dignità all’infanzia abbandonata nel mondo lo Stato non può agire ‘tartassando’, giudicando o restando assente, ma piuttosto guidando, accompagnando e sostenendo questa scelta profumata di futuro dei futuri genitori adottivi.