E se “l’adozione aperta” fosse un freno alla disponibilità delle coppie verso l’adozione?

A Milano ci sono 23 minori in attesa di una famiglia. Eppure, scarseggiano le coppie disponibili. Un situazione paradossale, che il sempre più frequente ricorso dei giudici all’adozione “aperta” non aiuta per nulla a risolvere. Il punto di vista di Maria Carla Gatto, Presidente del Tribunale per i Minori di Milano

Da quando il Corriere della Sera ha pubblicato l’editoriale dell’ex direttore Ferruccio de Bortoli, sul tema delle adozioni si è acceso un dibattito molto interessante e, si spera, proficuo.
Ma la riflessione di de Bortoli partiva da una precedente dichiarazione della presidente del Tribunale per il minorenni di Milano, Maria Carla Gatto, che sottolineava come a fronte di un aumento, negli anni, dei procedimenti di adottabilità, corrispondesse un continuo calo delle coppie disponibili all’adozione.

Perché cala la disponibilità delle coppie all’adozione?

Sempre sul Corriere, in un articolo pubblicato il 23 gennaio, la presidente del Tribunale sottolineava come solo a Milano ci fossero, in quel momento, 23 bambini che “aspettano genitori che li vogliano adottare… e quasi tutti sono piccolissimi: hanno meno di sei anni”.
“Non bisogna pensare all’adozione su sollecitazione emotiva – prosegue Maria Carla Gatto – sono iter lunghi e difficili, ma abbiamo bisogno di coppie giovani, motivate, forti e consapevoli”.
Sui motivi di questo calo delle coppie si è discusso e si continua a discutere, prendendo in considerazione diverse cause: dalle lungaggini burocratiche, ai costi molto alti e i tempi di attesa…
C’è, però, un altro fattore spesso facilmente tralasciato che, invece, la stessa presidente sottolinea: “Un altro timore – riporta l’articolo del Corriere della Sera – è la cosiddetta adozione aperta, che in alcuni casi impone una continuità di rapporto con qualche familiare del bambino”. Un’indicazione che non solo spaventa le coppie in prospettiva ma che sta anche dando concretamente cattivi risultati. Dice Gatto al Corriere: “A Milano queste storie sono state spesso fallimentari: viene da chiedersi se questa apertura sia pensata a favore dell’adulto o invece, come dovrebbe essere, nell’interesse del minore”.

A chi giova l’adozione “aperta”?

Sostanzialmente, la presidente del Tribunale per i minori di Milano si pone la stessa domanda che Ai.Bi. faceva in un articolo pubblicato nel giugno del 2024: “Giova chiedersi se un’adozione che non rescinde i legami con i genitori biologici, che mantiene i rapporti con gli stessi o con altri parenti, realizzi il supremo interesse del minore”. E, verrebbe da aggiungere oggi a fronte del calo delle coppie disponibili, forse non giova nemmeno al reperimento di famiglie disposte ad adottare, frenate dalla paura di dover gestire anche l’aspetto dei rapporti del minore con i parenti della famiglia d’origine, con tutta l’incertezza che questo comporta.
Perché è vero che l’adozione “aperta” può essere una risposta ad alcune criticità dell’iter procedurale per la dichiarazione di adozione, ma è indubbio che solleva ambivalenze e dinamiche intersoggettive di non semplice risoluzione, obbligando in alcuni casi il minore a comportamenti auto-tutelanti e spesso lesivi per il suo stato emotivo e il suo sviluppo. Tutti fattori, questi, che non possono certo lasciare indifferenti i genitori e che dunque, visti “a priori” come possibili, frenano a maggior ragione lo slancio all’apertura e all’accoglienza.