“Adozioni: generare oltre la sterilità”. Perché le coppie sterili s’affacciano all’adozione?

lema 9Merita più di un’attenzione l’evidente crescita del fenomeno della sterilità di coppia.

Un incremento che preoccupa e sollecita al contempo alcuni interrogativi circa il senso del “generare”, la comprensione della propria infertilità e delle opzioni intraprese a fronte di tale situazione: ora la definitiva rinuncia ai figli, ora la ricerca – talvolta estenuante e al limite dell’accanimento terapeutico – del superamento della sterilità per tramite della procreazione medicalmente assistita. Tra i due estremi, la prospettiva della fecondità coniugale che felicemente si realizza nell’accoglienza adottiva di un bambino come proprio figlio benché da altri generato, costituisce anche per la condizione di sterilità un’ulteriore occasione di comprensione tutt’altro che scontata.

È inoltre opportuno cogliere come particolarmente rilevante quanto l’esperienza adottiva sia spesso preceduta da quella della sterilità di coppia; se è assolutamente vero che l’adozione non è riservata alle coppie sterili, non possiamo esimerci dal registrare l’altissima percentuale di tale fenomeno, ricavandone almeno due interrogativi: per quale ragione la fecondità coniugale non può essere smentita dalla sterilità? Perché le coppie sterili si affacciano alla generazione adottiva?

Generare non è solo procreare: più che una semplice azione riproduttrice, la generatività di una coppia diviene possibile e plausibile anche per tramite della feconda accoglienza adottiva.

Osservare i volti e i risvolti della sterilità consente di cogliere quanto la generazione coniugale sia un atto legato all’esperienza umana delle relazioni di reciproca accoglienza certo non vincolabile da una condizione fisiologica solo apparentemente limitante.

Il n. 9 della rivista “Lemà Sabactàni?” affronta questo tema con un ricco ventaglio di contributi dal respiro internazionale. Gli autori hanno preso in esame condizioni culturali e religiose decisamente differenti, narrandone caratteristiche, tipologie e profili con distinti approcci:

 

S. Kramar, “Gli americani e l’infertilità”, così si interroga in avvio del proprio contributo teso ad osservare e descrivere il panorama statunitense: «cosa accade ad una coppia di americani quando l’infertilità diventa il loro calvario portandoli nella dimensione del fallimento familiare?».

L. Ferrario, “Sterilità e infertilità in Marocco”, osserva quanto queste condizioni siano tematiche delicate nel Paese nord africano, confinate ancora in ambito “privato” e prevalentemente considerate al femminile: la donna deve affrontare tale situazione con sofferenza e frustrazione (a lei è attribuita la sterilità come colpa o mancanza), esposta anche al possibile ripudio da parte del marito (talvolta e paradossalmente origine e causa della sterilità di coppia).

 Uno sguardo alla cultura del popolo Ouatchi del Vo (sud del Togo) viene proposto da A. Abgossou, “La sterilità come forma di sofferenza”, laddove la sfida per le nuove generazioni consiste anche nel superamento della tradizionale comprensione della sterilità («morire senza lasciare discendenza è esperienza considerata come il più grande di tutti i mali, la privazione di qualsiasi ragione di esistere») e delle sue drammatiche conseguenze sociali. Una osservazione particolare che solo anticipa quella più generale offerta da R. N. Rwiza, “La sterilità nel contesto africano”: «un continente in cui morire senza mai sposarsi e senza figli significa essere isolato dalla società, completamente abbandonato» dove la mancanza di figli è intesa come «la fine della saga familiare di un individuo». In tale contesto occorre – afferma Rwiza – «un approccio culturale e pastorale che sia in grado di rivisitare profondamente il tradizionale valore africano della fecondità», non certo per contaminarlo secondo estranee prospettive occidentali, quanto per svelare l’autentico senso della fecondità e della sua compatibilità con la sterilità.

 Una prospettiva sul tema dal punto di vista asiatico è quella offerta dall’articolo di P. Aman il quale conferma la “globalizzazione” del fenomeno: la sterilità è considerata negativamente, una disgrazia da vivere con rassegnazione, quasi esclusivamente attribuita alla responsabilità, colpevole, della donna che viene per questo discriminata.

Per ricomporre il ricco mosaico internazionale, il numero della rivista propone la fondamentale riflessione di M. Chiodi, “Il senso antropologico della sterilità nella coppia”: dopo una ripresa sintetica del senso dell’esperienza della sterilità colto all’interno delle culture più diverse, Chiodi prende in considerazione l’analisi del vissuto esperienziale della sterilità, elaborato secondo un’ottica psicologica e psicoanalitica; in un terzo passaggio mette in luce le costanti ‘universali’ della sterilità, nel suo profilo personale e di coppia, mentre il quarto momento, a partire dall’interpretazione della Rivelazione biblica, si propone di ricapitolare tutta la densità dell’esperienza umana mettendola in relazione con la promessa di Dio. Il numero della rivista è inoltre arricchito dalla presenza dello studio biblico e teologico di S. Monti, “L’alleanza nel mistero della sterilità feconda. Sterilità, benedizione e alleanza”, dedicato al tema della generazione come compimento della promessa di Dio.