Adozione internazionale. “Soldi nelle mutande”: la denuncia alla CAI può essere anche anonima

Continuano a far scalpore le dichiarazioni di denuncia delle Associazioni Familiari di genitori adottivi sui pagamenti in contanti. Le coppie non denunciano per paura.

L’Associazione Polaris a Panoramasono costretti a partire con migliaia di euro infilati nelle mutande e nei calzini, da rifilare sul posto a consulenti e avvocati”

Le famiglie lo sanno. Si racconta che negli incontri informativi di alcuni enti autorizzati si informano le aspiranti coppie adottive che in alcuni Paesi sono necessari pagamenti in contanti e che nei loro viaggi verso l’incontro con loro figlio dovranno portare molti denari con sé.

Insomma tutti lo sanno, ma nessuno fa niente.

Una prassi, quella dei pagamenti in contanti, diffusa in molti paesi e assolutamente pericolosa, perché, si sa, laddove circolano i contanti non può essere garantita la trasparenza e la tracciabilità e i rischi di corruzione e irregolarità sono altissimi.

Non è un caso se il Permanent Bureau de L’Aja, l’istituzione chiamata a sorvegliare sulla corretta applicazione della Convenzione de L’Aja sulla protezione dei minori, ha emesso una serie di principi guida che portano al totale rispetto dei principi di trasparenza contabile.

Fra i sei i “punti magici” su cui si orientano le “Buone pratiche relative agli aspetti finanziari legati all’adozione internazionale” dettati dal Permanent Bureau  degno di particolare nota è l’obbligo della trasparenza dei costi.  L’Aja vieta, infatti, i pagamenti in contanti raccomandando di “assicurarsi che tutti i pagamenti (spese, onorari, contributi e/o donazioni) siano effettuati tramite bonifico bancario verso un conto ben definito”, vietando i pagamenti in contanti e assicurandosi che avvengano tramite l’ente autorizzato e non direttamente dalle coppie.

Buone prassi a cui anche l’Italia, come Paese ratificante della Convezione, è chiamata ad attenersi così come del resto già previsto nelle Linee guida della Commissione per le adozioni internazionali (Delibera sui criteri per l’autorizzazione all’attività degli enti previsti  dall’art.39 –ter della legge 4 maggio  1983, n.184 e successive modificazioni) che all’articolo 12, tra le altre cose, stabilisce che “I collaboratori all’estero devono essere retribuiti per le loro prestazioni soltanto dall’ente. Le coppie in carico all’ente non possono fare da tramite per i pagamenti.”. L’articolo 18 prevede, inoltre, che “ I rapporti economici tra ente e coppie che conferiscono il mandato devono essere regolati a mezzo di bonifico su apposito conto corrente bancario o postale. L’intero importo della procedura adottiva, suddiviso in traches, deve essere versato direttamente in Italia all’ente, sia per i servizi resi in Italia, sia per i servizi resi all’estero”.

Eppure l’Italia non sempre lo fa e, in genere, non compie alcuna verifica per controllare che si rispetti quanto previsto.

Non è raro, infatti, che emergano situazioni in cui le cose vanno molto diversamente: quella dei contanti che molte coppie si vedono costrette a portare all’estero è una delle piaghe che maggiormente affligge l’adozione internazionale in Italia.

Voci di corridoio parlano di numerose denunce anonime giunte negli anni alla CAI che non hanno portato ad alcuna azione concreta, sebbene il  Permanent Bureau preveda che la situazione finanziaria di tutti gli enti autorizzati sia soggetta al controllo delle autorità competenti del proprio Stato”, ove necessario anche mediante un “audit esterno”.

Così, dinanzi a una comprensibile paura delle coppie di vedere il proprio sogno vanificato, di sapere che il proprio iter adottivo sia compromesso per sempre, di non poter mai più accogliere un figlio, oggi, sono proprio le Associazioni familiari che raccolgono le testimonianze delle famiglie a denunciare.

Molti genitori adottivisono costretti a partire con migliaia di euro infilati nelle mutande e nei calzini, da rifilare sul posto a consulenti e avvocati …” è la denuncia di Luca Chiaramella, presidente dell’Associazioni di famiglie accoglienti, Polaris, ai microfoni di Panorama.

Gli enti autorizzati che incoraggiano tali prassi vanno fermati perché screditano tutto il sistema delle adozioni internazionali e si espongono a reati quali corruzione e concussione, le cui conseguenze ricadrebbero non solo sugli enti e i loro referenti, ma anche sulle coppie adottive.

E’ evidente che il nostro Paese ha ancora molta strada da percorrere per garantire una reale trasparenza finanziaria nel settore delle adozioni internazionali. Se da un lato è tenuta a perseverare nel rispetto di quelle buone prassi che già ha adottato, dall’altro è chiamata a trasformare in fatti concreti quelle linee guida che fino a oggi ha abbracciato solo a parole o ha trascurato.

Solo così, quello che era un fiore all’occhiello della nostra società – l’adozione internazionale – potrà rinascere a nuova vita, superando l’attuale crisi.