Affidiamo il nuovo anno a Maria, ricordando che ognuno di noi, fatto a immagine di Dio, è “dono sacro” per l’altro

maria-gesu-bambinoIn occasione della festività di Maria Santissima Madre di Dio, la riflessione del teologo don Maurizio Chiodi prende spunto dai brani del libro dei Numeri (Nm 6,22-27), della lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 4,4-7) e del Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21).

 

Con questa domenica, nella solennità di Maria santissima Madre di Dio, oggi cominciamo il nuovo anno civile. Lo poniamo sotto la protezione e lo sguardo materno di Maria, perché sia un anno buono, soprattutto un anno di pace.

È con questo spirito che, da cinquant’anni, i Papi hanno scritto all’inizio dell’anno un Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.

Anche quest’anno, papa Francesco ha rivolto questo Messaggio, con il suo augurio di pace, che ha questo tema: ‘La non violenza: stile di una politica per la pace’. Scrive il papa in questo suo Messaggio: “auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina – proprio a tutti! – e prego affinché l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una dignità immensa”.

È una cosa che sappiamo bene, ma forse vale proprio la pena ricordarci, all’inizio di questo nuovo anno, che ciascuno di noi è immagine di Dio e per questo è per l’altro un ‘dono sacro’, dotato di una dignità immensa. Se ci ricordassimo di questo in ogni rapporto, ogni volta che incontriamo un altro, sia quando ci è familiare e lo amiamo – ma rischiamo di trattarlo con superficialità e con troppa abitudine consideriamo ‘scontata’ la sua presenza – sia quando ci è familiare e non lo amiamo – perché facciamo fatica a sopportarlo o a perdonarlo o a trovare in lui/lei qualche buona qualità – sia quando ci è sconosciuto e non sappiamo nulla di lui/lei o magari ci è straniero e tanto lontano dal nostro modo di vivere, di sentire, di agire.

Vedere e riconoscere nell’altro un ‘dono sacro’, dotato di una dignità immensa non è ingenuità, né romanticismo, né faciloneria, né poesia a buon mercato, ma è far memoria che ogni uomo, anche il peggiore, porta in sé l’impronta dell’amore con cui Dio lo ha voluto … anche se molte volte noi facciamo di tutto per deturpare la bellezza di questa immagine.

Papa Francesco ci invita così: “soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo questa dignità più profonda e facciamo della non violenza attiva il nostro stile di vita”.

I conflitti, nelle relazioni, sono inevitabili, ma non ci devono impedire di avere questo sguardo più profondo sull’altro, che ci fa amare la sua dignità anche quando appare nascosta, e che in concreto ci porta a rifiutare la violenza come stile di relazione.

Il papa svolge la sua riflessione soprattutto a livello politico e potrebbe essere un buon modo per cominciare il nuovo anno che ciascuno di noi legga questo messaggio di pace!

In effetti, la pace non è un dono automatico che cade dall’alto come la pioggia che bagna la terra, volente o nolente. La pace è un dono che non si realizza se non ci sono uomini ‘costruttori di pace’.

La pace è un desiderio, un’aspirazione profonda di ciascuno di noi. Ma è difficile, non dobbiamo nascondercelo, specialmente in un mondo così complesso come l’attuale.

Noi cristiani crediamo che la pace sia Gesù stesso. Durante la Messa, dal Padre nostro alla comunione, la liturgia ci fa ripetere una decina di volte la parola ‘pace’… fateci caso!

È un dono, che noi invochiamo da Gesù, che è pace, e che ci impegniamo a scambiarci l’un l’altro, con quel gesto che nella liturgia facciamo spesso come un automatismo e che invece è profondamente simbolico … ‘scambiamoci un gesto di pace’, come ‘figli del Dio della pace’.

Gesù stesso è pace.

Guardiamo con questi occhi alla scena del Vangelo.

Gesù è «adagiato nella mangiatoia» e insieme con lui ci sono Maria e Giuseppe, che si prendono cura con tenerezza e amore della sua fragilità, che è la fragilità di un Dio che si mette nelle nostre mani.

Attorno a questo piccolo ci sono anche i pastori, uomini rudi, essenziali, avvezzi a ogni difficoltà e fatica; sono proprio loro i primi a mettersi in cammino e quando se ne vanno, dice il Vangelo, glorificano e lodano Dio «per tutto quello che avevano udito e visto».

Questa piccola porzione di umanità ha davanti a sé un segno apparentemente insignificante: che cos’è un bambino appena nato? Tanto più che quel bambino lì non aveva, all’apparenza, nulla che lo distinguesse da qualsiasi altro bambino. Ma anche questo è vero: ogni bambino che nasce è come un dono di pace, di speranza, è come la promessa che Dio continua a volere bene a questo nostro mondo e alla nostra umanità!

Tutto questo vale in un modo assolutamente singolare per Gesù.

Il Vangelo di Luca sottolinea una cosa bellissima, quando dice che la gente si stupiva delle cose dette dai pastori, e soprattutto quando dice che «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».

È un’immagine potente di Maria, al punto che, molto spesso, lei viene raffigurata, scolpita o dipinta, così, come una che ‘custodisce’ tutto quello che vede e lo medita, «nel suo cuore», e cioè non solo nei suoi affetti, ma in tutta se stessa, nella memoria, nell’intelligenza. Maria è colpita da tutto ciò che le accade, da tutto ciò che accade intorno a questo fragilissimo bambino e custodisce e medita.

Solo così si è davvero uomini e donne di pace, quando si ha questa capacità di ‘meditare’ su ciò che ci accade, cercando di comprendere sempre più profondamente il senso delle cose.

Spesso, quando riflettiamo e meditiamo sulla nostra vita, facciamo fatica a ‘mettere insieme’ gli eventi, le relazioni, le persone.

La ‘meditazione’ è proprio questo lento ascolto delle cose, per cercarne il significato, per comprendere come in esse Dio ci parli e ci chiami, che cosa attraverso gli eventi egli ci dice e a che cosa ci vuole spingere.

‘Custodire’ e ‘meditare’ significa mettere insieme i piccoli pezzettini della nostra vita, nel passato, nel presente e anche nel futuro, come si mettono insieme le piccole tessere di un mosaico: sono piccole e tutte diversamente colorate e proprio grazie alla loro diversità alla fine possono comporre un grande disegno.

Così, nella trama quotidiana dei nostri giorni, anche a noi viene mostrato un disegno.

È in questo modo che ci è data la pace.

È in questo modo che ci è chiesto di essere ‘operatori di pace’.

Il libro dei Numeri riporta la famosa benedizione di Aronne.

C’è una specie di catena di benedizioni: parte dal Signore, passa attraverso Mosè, poi Aronne e i suoi figli e infine arriva a tutti gli israeliti. È come una cascata di bene, una promessa di bene e di speranza; l’origine è il Signore.

La pace è dono di Dio.

Ma questa benedizione di pace non si può realizzare se non viene accolta e trasmessa, attraverso le parole e attraverso le opere della vita: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».

È un uomo che parla, Aronne, e prima Mosè, ma quest’uomo si fa testimone di Dio e della sua pace.

È molto bella questa ‘benedizione’, cioè questa parola che ‘dice bene’ e dice il bene: solo se sappiamo avere davanti agli occhi il volto di Dio, e vedere nel volto dell’altro l’immagine del volto di Dio ed essere per l’altro questa immagine, solo allora avremo da gustare il dono della pace, qualunque cosa ci accada!