Africa. Dopo Sarah anche il cardinale nigeriano Onaiyekan: “Giovani africani pensano che la vita in Europa sia come in tv”

Griffini (Ai.Bi.): “Nostro progetto #Africainfamiglia” vuole aiutare questi ragazzi a crescere nelle loro famiglie, nel proprio Paese”

Da papa Benedetto XVI al cardinale Robert Sarah, fino a John Olorunfemi Onaiyekan. “Nel contesto socio-politico attuale(…) prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra”, aveva affermato l’attuale papa emerito nel suo messaggio per la 99esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, caduta nel gennaio del 2013. “Bisogna fare di tutto perché gli uomini possano restare nel Paese nel quale sono nati”, ha recentemente affermato, con un tweet, il cardinale Robert Sarah, arcivescovo cattolico africano, nato in Guinea.

Un argomento, questo, affrontato dal porporato anche nel suo libro “Le soir approche et déjà le jour baisse”. ““Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un eldorado sognato? – si chiede il cardinale nel testo – Ma come si svilupperanno queste nazioni se così tanti lavoratori sceglieranno l’esilio? Quali sono queste strane organizzazioni umanitarie che attraversano l’Africa per spingere i giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa?”

Su questo tema è ritornato, ancora nei giorni scorsi, un altro religioso di primo piano del continente africano: si tratta del cardinale nigeriano Onaiyekan, vescovo di Abuja, nel suo Paese. “Pensanoha detto il cardinale in un’intervista alla rivista Il Timone a proposito dei giovani che lasciano il suo continente per emigrare – che la vita in Europa o in America sia come quella della finzione televisiva e quindi si convincono del fatto che devono andare assolutamente in Europa o in America a qualsiasi costo(…)”. Ma, ha proseguito il cardinale, “la tratta degli esseri umani è un rischio reale(…) Molti muoiono nel Mediterraneo e se arrivano a destinazione spesso vengono sfruttati”.

Non lasciatevi ingannare dalle false promesse che vi porteranno alla schiavitù e ad un futuro illusorio! Con il duro lavoro e la perseveranza ce la potete fare anche in Africa e, cosa più importante, potete rendere questo continente una terra prospera”, hanno invece scritto i vescovi dell’assemblea delle Conferenze episcopali dell’Africa occidentale, tenutasi in Burkina Faso dal 13 al 20 maggio scorsi.

Già, ma come si svilupperanno i Paesi africani, se i giovani in età da lavoro fuggono da quelle terre? Un quesito e una denuncia che si era posto anche il presidente del Rwanda e dell’Unione Africana Paul Kagame quando, in occasione della visita del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, aveva dichiarato: “Se si guarda alla storia di questa migrazione – aveva detto Kagame – da molto tempo, l’Europa incita o invita le persone ad andare in Europa. Il messaggio è stato ‘i tuoi paesi africani sono governati male e tu dovresti venire da noi’. L’impressione è stata ‘se hai un problema nel tuo Paese, vieni nel nostro paradiso’. E la gente è andata. Al punto in cui gli europei non possono più permettersi di avere altri immigrati. (…) La partnership tra Europa e Africa avrebbe dovuto investire correttamente, creando un ambiente per mantenere i nostri giovani africani, garantendo loro che stare nel proprio continente è meglio per trovare sicurezza e lavoro. Ma non è mai troppo tardi”.

No, non è troppo tardi. La soluzione infatti per “aiutarli a casa loro”, come sostiene a volte rozzamente qualcuno, infatti c’è. Si chiama Sostegno a Distanza. “Con il nostro progetto #Africainfamiglia – spiega al proposito il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffinituteliamo i diritti dei bambini e degli adolescenti di Paesi come Ghana, Kenya e Congo che si trovano in condizioni di fragilità. Il primo fra questi è il diritto a vivere e crescere in famiglia, la propria famiglia e ad avere un’educazione che possa accompagnarli a una vita autonoma, senza rincorrere le chimere dell’emigrazione”.

Sostenendo il progetto di Ai.Bi., #Africainfamiglia, anche tu puoi dare una mano. Scopri come.