sì ai progetti di cooperazione internazionale in Africa

Africa. Da Mario Draghi la conferma che gli interventi di solidarietà nel Continente africano “non sono inutili”

Il Presidente della Banca Centrale Europea, invitato all’evento di Medici con l’Africa Cuamm, sottolinea come “anche per sprechi e il fallimento di diversi programmi” lo sforzo dei Paesi ricchi per risollevare la popolazione africana si è un po’ arenato. E dopo aver ascoltato alcune testimonianze di azioni svolte ‘sul campo’, boccia la posizione di alcuni economisti circa una loro presunta inutilità o danno: “Hanno torto”

sì ai progetti di cooperazione internazionale in AfricaGli interventi effettuati in Africa per aiutare la popolazione in difficoltà e sostenerne il rilancio e il raggiungimento di livelli di sviluppo meno distanti da quelli del mondo occidentale sviluppato “non sono inutili”, anzi: gli economisti che negli ultimi tempi li hanno bollati come inutili o dannosi “hanno torto”. Sono le dichiarazioni che il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha rilasciato intervenendo ad un evento organizzato al Teatro della Luna di Assago (Milano) da Medici con l’Africa Cuamm.

Rievocando gli Anni Ottanta, quando era rappresentante italiano presso la Banca Mondiale, rimarca come in quel periodo “era stato raggiunto il massimo degli interventi di solidarietà”. Ma poi, “anche per sprechi e il fallimento di diversi programmi, questo sforzo è crollato”. Un invito più o meno velato a ripartire proprio dal Continente nero per dare nuova speranza a un enorme numero di persone che – lo ricorda il Governatore – “vive con 2 dollari al giorno, la speranza di vita è di 50 anni contro gli 83 dell’Europa”.

Un incoraggiamento che non può lasciare indifferenti quanti sono impegnati per cambiare la realtà delle cose. E che sprona, tra le altre cose, anche a un rinnovato interesse per un ‘Piano Africa’ che metta l’accento soprattutto sui milioni di bambini rimasti senza famiglia e che vivono abbandonati ai margini della società. Ma che, finora, non hanno avuto risposte se non quelle della vita in strada o, al meglio, dell’ospitalità degli orfanotrofi. Ma che, per il loro benessere, attendono una risposta diversa, che si chiama famiglia.

 

Fonte: L’Arena

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