Ai.Bi.: la famiglia Broccoli è la nuova coordinatrice del Lazio. “Messo il naso nell’associazione, abbiamo scoperto un mondo”

coordinatori lazio 200Ai.Bi.: nuovi coordinatori per il Lazio. I coniugi Elisabetta e Vincenzo Broccoli subentrano a Grazia e Massimo Ranuzzi nel coordinamento delle famiglie adottanti.

A caldo la famiglia Broccoli dichiara: «Abbiamo accolto la nomina con grande emozione e disponibilità a farlo. Ma anche con un pizzico di paura per quello che comporta. Massimo e Grazia sono per noi un esempio». Lo rassicura l’ex coordinatore: «Vincenzo è una persona di grandi capacità organizzative. Questo avvicendamento è il modo giusto per rendere praticabili le sinergie delle forze in campo». Proposito che Elisabetta sottolinea: «Il nostro sarà un lavoro di equipe».

Quanto agli obiettivi che i nuovi coordinatori intendono darsi, al primo posto c’è il «coinvolgimento delle famiglie adottanti».  Nella relazione letta a Gabicce, la fotografia del Lazio è comune ad altre realtà territoriali. Si legge: «Si denota molta partecipazione al GFL prima dell’adozione, poca partecipazione dopo , e in definitiva una bassa partecipazione ad attività di sostegno/formazione successiva».

Il punto è di quelli che a cena accendono la discussione. Elisabetta non si dà pace:« Non capisco come non scatti la molla che ha portato noi ad entrare attivamente nel movimento della «Pietra scartata», che è l’associazione di fedeli adottanti che custodisce il carisma di Ai.Bi. Perché- continua- noi abbiamo sentito da subito che l’adozione dei nostri due figli non poteva restare un fatto privato». Annuisce il marito e rilancia: «Ai.Bi. è stato un amore  a prima vista. Messo il naso dentro, abbiamo scoperto un mondo».

La loro storia è sulla scia di tante altre coppie. Ma Elisabetta la scandisce con date e riferimenti indelebili:« Il 25 e 26 luglio del 2004 abbiamo preso parte al primo corso di formazione direttamente a Milano. Fu meraviglioso, perché quei due giorni lontani da casa, ci permisero di concentrarci e di immergerci completamente in quello che era il nostro percorso di vita. Ricordo tutto: la luna piena, le passeggiate fatta di silenzio e meditazione lungo la via di campagna che conduce alla sede nazionale, e una volpe che attraversò la strada».

Scontato il racconto ‘cinematografico’ dell’ incontro con i suoi figli: John, adottato in Bolivia a soli 10 mesi, e Veronica, arrivata dalla Colombia  a 2 anni.

Elisabetta è un fiume in piena, e quasi a giustificarsi della naturalezza con cui (una volta elaborato il dolore) hanno vissuto la loro sterilità feconda, ricorda:  «A sei anni mi capitò di ritrovarmi da un giorno all’ altro un fratello. Era un intimo amico di mio fratello, di origini siciliane, cominciò a frequentare la nostra casa sempre più spesso. Alla fine diventò uno di noi. Ero piccola, ma capii allora senza saperlo che l’Amore va oltre il legame di sangue. E’ la relazione che fa l’amore. Poche cose certe ho nella mia vita, il valore dell’adozione è una di queste». Vincenzo non aggiunge altro, il suo sigillo prende la forma di una carezza sulla schiena della donna che ogni giorno sceglie come sposa.