Brasile: il “non nato” è una persona! Lo dice la legge.

brasile_ipovisioneE’ stato ribattezzato “Statuto del nascituro” e sancisce la protezione giuridica civile e penale dell’essere umano, fin dal suo concepimento. Il testo approvato in Brasile dalla Commissione parlamentare di Finanza e Tributi potrebbe provocare una radicale trasformazione nella legislazione del colosso sudamericano almeno per ciò che riguarda la difesa della vita, l’interruzione volontaria della gravidanza e la manipolazione genetica.

Ma la proposta di legge – presentata quasi otto anni fa nel Congresso – sta suscitando un acceso dibattito, fra le durissime critiche delle Ong femministe, da una parte, e il solido sostegno di un centinaio di deputati evangelici, dall’altra.

Lo Statuto, che aveva già superato l’analisi della Commissione Sicurezza Sociale e Famiglia, passa ora all’esame dei parlamentari della sezione Costituzione e Giustizia: se riuscirà a scavalcare questo terzo ostacolo, arriverà alla seduta plenaria di Camera e Senato e potrebbe trasformarsi in legge.

Il punto chiave è il riconoscimento dei diritti giuridici dei “non nati”, compresi i feti concepiti in vitro o tramite clonazione. La difesa legale del nascituro – sottolineano i contrari – entrerà in contraddizione con la normativa in vigore sull’aborto: in teoria, ogni forma di interruzione volontaria della gravidanza diventerebbe illegale. Attualmente in Brasile è possibile abortire in caso di violenza sessuale o di gravi malformazioni del feto.

I promotori dello Statuto, però, propongono aiuti economici fino ai 18 mesi di età del bambino per le madri che decideranno comunque di portare avanti la gravidanza, nonostante la violenza subita o i problemi di salute. Il testo, fra l’altro, vieterà il congelamento degli embrioni nelle cliniche di fertilità e il loro uso per esperimenti scientifici.

Lo Statuto prevede inoltre dai 6 ai 12 mesi di carcere per le persone che si riferiscono al feto “con parole di disprezzo” o che fanno apologia dell’aborto, da uno a tre anni per chi provoca la morte del bambino e due anni per chi pubblicizza tecniche e farmaci che interrompono la gestazione.

 

Fonte: Avvenire