Cavilli e ritardi, così affonda la grande speranza dell’eterologa

eterologa“Tanto rumore per nulla” avrebbe detto William Shakespeare. Quello che doveva essere l’anno dell’eterologa, si è rivelato un clamoroso flop per questa pratica di fecondazione artificiale.

Il 2014, iniziato con la sentenza della Corte Costituzionale che ad aprile ha rimosso il divieto all’eterologa previsto dalla legge 40, si conclude con appena una trentina di trattamenti effettuati. La maggior parte in Sicilia, 20, 9 in Toscana e pochi altri in Emilia Romagna e in Veneto.

Le cause di questo fallimento sono da individuare in una serie di ostacoli tecnici e politici che di fatto stanno rendendo vana la decisione dei giudici della Corte. Perché il sistema entri a regime, quindi, sembra volerci ancora molto tempo.

Non sempre sono state le scelte politiche a rallentare la diffusione dell’eterologa in Italia. È vero che in Lombardia, per esempio, la Regione ha dimostrato da subito di non avere alcuna intenzione di far partire il trattamento nelle strutture pubbliche. Ma anche la Toscana, che per prima si mosse a favore di questa forma di procreazione assistita, non ha fatto registrare grandi risultati. Basti pensare che il primo ospedale italiano a partire con i trattamenti, il Careggi di Firenze, si è già fermato.

L’origine del ritardo starebbe quindi altrove. In Italia manca la materia prima per praticare l’eterologa: non ci sono le donatrici. In più, è pressoché impossibile trovare una banca dei gameti europea da cui acquisire il materiale biologico necessario all’eterologa: gli altri Paesi infatti non avrebbero alcun interesse a “perdere clienti”, favorendo i trattamenti effettuati in Italia.

Nel frattempo, nella Legge di Stabilità per 2015 è stato inserito un emendamento che sancisce la nascita di un registro donatori, al fine di assicurare l’anonimato e la possibilità di risalire comunque al genitore genetico in caso di problemi di salute. Registro che però difficilmente funzionerà se continueranno a mancare proprio i donatori.

Fino a oggi, pertanto, il mondo della fecondazione artificiale è andato avanti con possibilità di riserva. L’unico sistema che sta funzionando attualmente è quello del cosiddetto “egg sharing”. Consiste nell’ottenere la donazione da una donna che fa la fecondazione omologa per sé e il suo compagno. A Cortona, in provincia di Arezzo, stanno percorrendo questa strada e con questa tecnica hanno già avviato 6 casi, promettendo di procedere a un ritmo di 2 trattamenti a settimana. Anche a Cattolica, in provincia di Rimini, si sta sperimentando la fecondazione “incrociata”. Il funzionamento viene illustrato da Carlo Bulletti, primario dell’unità di fisiopatologia della riproduzione: “I mariti di donne sterili hanno donato il loro seme e donne i cui compagni non potevano avere figli hanno regalato i loro ovociti in sovrannumero”. In questo modo 6 coppie sperano di poter avere un figlio e altre 10 hanno già l’appuntamento per il trattamento da effettuarsi a gennaio. Ma anche qui, di semplici donatrici quasi neanche l’ombra: se ne sono presentate soltanto 2.

 

Fonte: la Repubblica