L’affido, quella misconosciuta stampella per le famiglie che zoppicano

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Finalmente anche il cinema si occupa dei bambini costretti a vivere come adulti. E lo fa rivolgendosi soprattutto ai giovanissimi, nel Giffoni Film Festival, appuntamento storico del cinema per ragazzi. Il film in questione è «Mike says goodbye!» della regista olandese  Maria Peters, vincitore della decima edizione (2013) del premio “Amnesty Giffoni Film Festival”.

Protagonista è Mike, un bambino di dieci anni che la vita mette a dura prova. E’ il figlio di una donna alcolista. Ma il bambino non sa quanto anomala sia la sua condizione. La mamma talvolta non gli prepara da mangiare, lo lascia spesso solo in casa oppure dorme più del solito. Ma per il bambino quella è la ‘normalità’. Non bastasse ciò, irrompe nella vita del protagonista il cancro. Mike inizia la sua battaglia contro la morte. Passa mesi in ospedale, tra analisi del sangue e chemioterapia. La mamma all’inizio gli è vicino, ma un bel giorno sparisce. Mike riceve assistenza da medici e infermieri, ma l’aiuto più prezioso glielo fornisce Vincent, suo compagno di stanza e di battaglia. I due bambini scoprono insieme il valore dell’amicizia e della solidarietà.

La guarigione di Mike intanto coincide con la battaglia più disperata che il piccolo deve affrontare. Viene dimesso dall’ ospedale, e siccome sua madre Natasja, irreperibile da settimane,  non si presenta per riportarlo a casa, il Dipartimento per la giustizia minorile decide che Mike non tornerà a casa finché non si sarà stabilito se la madre sia in grado di prendersi cura di lui. Mike non è d’accordo: ma la sua voce resta inascoltata. Lui sa bene che talvolta la madre beve tanto e che, quando accade, lo trascura, ma è convinto di poter badare a se stesso. In fondo lo fa da quando è nato. Nonostante le suppliche del bambino, il giudice minorile delibera che venga assegnato a una famiglia affidataria che Mike rifiuta con ogni mezzo. Alla fine riesce a scappare, ma invece di ottenere il permesso di tornare dalla madre, viene mandato in un istituto. La vigilia di Natale, il bambino evade di nuovo e arriva a casa, ma Natasja non è lì. Inizia allora un’ avventura metropolitana tra luci natalizie e incontri pericolosi.

Il film scatena negli adulti non poche riflessioni. Mike è l’emblema di quei tanti, troppi minori che  crescono nell’abbandono. Ignorati dai Servizi Sociali, non presi in carico dai Tribunali dei minorenni, affrontano in totale solitudine situazioni più grandi di loro al punto da arrivare a pensare che quella che vivono sia la normalità.

Ma la verità implicita nel film è un’altra. I tanti ‘Mike ‘ invisibili che emergono solo quando una casualità, nel film è la malattia, fa emergere in tutta la sua drammaticità lo stato di abbandono nel quale vivono per troppo tempo prima che le istituzioni intervengano a salvarli.

Sottotraccia anche un altro aspetto importante: e cioè la necessità di spiegare bene alle famiglie e ai bambini coinvolti che cos’ è l’affido. Ovvero una stampella, disponibile per una famiglia che ‘zoppica’, da usare fino a quando i genitori non abbaino risolto i problemi che impediscono loro di prendersi cura dei propri figli. Talvolta basterebbero anche poche ore al giorno, per rimediare alle lacune familiari. E’ il cosiddetto affido part-time misconosciuto e poco usato, ma che invece potrebbe rivelarsi uno strumento di intervento meno traumatico e più efficace, specie se attivato il prima possibile.

Su un punto invece deve essere fatta chiarezza: i bambini hanno il diritto di fare i figli, cioè di avere un’ infanzia normale con padre e una madre che si occupano di loro. I ruoli non possono essere invertiti come accade nel film dove è Mike, di soli dieci anni, a prendersi cura della mamma.