Colombia. Bocciato l’accordo di pace tra il governo e le Farc: il “no” vince per un pugno di voti. Vincono astensionismo e diffidenza

colombia-vote_0La Colombia vuole la pace, ma non nelle modalità stabilite dal presidente Juan Manuel Santos e dal leader delle Farc (Forze armate rivoluzionarie colombiane) Rodrigo Londoño. Con il referendum di domenica 2 ottobre, infatti, la popolazione del Paese sudamericano ha bocciato l’accordo di pace firmato a fine agosto tra le autorità governative e i vertici della guerriglia marxista. Il “No” ha vinto per un pugno di voti: il 50,21% contro il 49,78% del “Sì”. Esulta il fronte guidato dall’ex presidente conservatore Alvaro Uribe, da sempre contrario all’accordo, a causa dell’“impunità” che questo avrebbe concesso ai guerriglieri.

Dati alla mano, però, il vero vincitore della consultazione referendaria sembra essere l’astensionismo: circa il 63% dei colombiani non si è recato alle urne. Per il resto, la distribuzione  geografica dei voti rivela che la maggior parte dei “No” è arrivata dalle regioni centrali, più urbanizzate, del Paese. A esprimere prevalentemente parere favorevole all’accordo sono state invece le aree rurali, che più hanno sofferto gli orrori di una guerra durata 52 anni che ha provocato 250mila morti, 45mila dispersi e 7 milioni di sfollati. Nelle grandi città il “Sì” ha prevalso solo a Bogotà, Calì e Barraquila.

Il processo di pace comunque non si ferma. Lo ha assicurato lo stesso presidente Santos che si è fatto promotore di un “patto politico nazionale” che coinvolga anche le opposizioni. Per questo, subito dopo il voto, ha convocato tutte le parti politiche. Appello a cui però non hanno risposto i rappresentanti del Centro Democratico di Uribe. Il leader delle Farc, dal canto suo, ha assicurato che la guerriglia continuerà a rispettare il cessate il fuoco: “Questo esito esige da noi un impegno ancora più forte – ha detto Londoño -, perché ora bisogna offrire diverse letture e analisi di quello che è successo, per vedere cosa c’è da correggere”.

Oltre al disarmo di 7mila guerriglieri, gli accordi prevedevano una riforma agraria, la partecipazione politica degli ex ribelli, generosi aiuti economici per il loro reinserimento nella vita civile, un programma nazionale di sostituzione delle coltivazioni di coca e un’ampia amnistia. Proprio quest’ultimo punto deve aver indotto molti colombiani a votare “No” al referendum. Uribe ha saputo raccogliere questa diffidenza e ha contrastato anche l’ipotesi di riforma agraria. Riguardo a quest’ultima, i ribelli si sono detti disposti a consegnare le terre, ma a patto che vengano ridistribuite ai piccoli produttori e  non ai grandi “terratenientes” contro cui hanno sempre combattuto. Il cammino verso una pace tanto attesa si sta dimostrando dunque più complesso del previsto.