Coronavirus. 43 famiglie adottive italiane bloccate all’estero

Da “Adozione 3.0” la richiesta di un supporto economico agli enti autorizzati. Ardizzi: “Per molte coppie tutto rimandato”

Sono 43 le famiglie adottive italiane al momento bloccate all’estero per la pandemia globale da Coronavirus.  Lo racconta un articolo su Agensir.it:L’emergenza coronavirus ha anche un effetto collaterale significativo per le coppie che hanno in queste settimane coronato il loro sogno, spesso dopo una lunga attesa, e incontrato i loro figli nei Paesi d’origine. Una permanenza che varia dalle due settimane, fino al mese e mezzo o anche due mesi dei Paesi latinoamericani, per ottemperare ai diversi iter. Proprio nel continente di più lunga permanenza, l’America Latina, si trova il maggior numero di coppie, 25, partite quando la situazione della diffusione del Covid-19 non era così allarmante. Altre 15 si trovano nell’Europa dell’Est e 3 in Asia. Molte di loro non sanno quando potranno tornare, dato che alcune sono state messe in quarantena, soprattutto in America Latina e particolarmente in Colombia (il Paese con più adozioni internazionali nell’area)”.

La Commissione adozioni internazionale (Cai) e gli enti accreditati per l’adozione internazionale da qualche mese riuniti nel coordinamento Adozione 3.0, hanno interessato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

“Ma quello delle coppie bloccate all’estero – prosegue l’articolo –  è solo uno dei tanti problemi che l’arrivo del Covid-19 porta a una realtà, quella dell’adozione internazionale, che sconta già una forte crisi (il numero di adozioni nel 2019 è sceso per la prima volta solo quota mille, dieci anni fa erano 4 volte tanto). Se sono bloccate all’estero le coppie che già hanno incontrato i loro figli, sono ancora di più quelle che per chissà quanto tempo non potranno partire. A cascata, tutta l’operatività degli enti rischia di bloccarsi”.

Motivo per cui la cabina di regia “Adozione 3.0”, che raggruppa 47 enti autorizzati italiani, ha rivolto un appello al ministro della Famiglia Elena Bonetti, affinché il Governo assicuri un aiuto economico. “Quello delle famiglie all’estero – sostiene Pietro Ardizzi di “Adozione 3.0” – è il problema di questi giorni. Alcune situazioni si sono risolte e le coppie sono rientrate. E c’è grande preoccupazione per quei genitori che già hanno conosciuto i loro figli, in qualche caso direttamente (per esempio in Russia, dove l’iter prevede un primo viaggio di conoscenza, ndr). Ora è tutto rimandato, non si sa a quando. Ma è tutto il sistema a essere bloccato, a cominciare dalla prima fase, quella della formazione, che solo alcuni enti riescono a fare on-line, per proseguire con il conferimento del mandato. Gli enti si reggono principalmente grazie alle famiglie che si affidano a loro, ma qui rischia di fermarsi tutto. La cifra che abbiamo calcolato ammonta a 6 milioni e 900mila euro. Stiamo parlando con la ministra, che è arrivata da poco, in buon clima, abbiamo finora avuto la possibilità di essere ascoltati. Stiamo lavorando anche con la Cai, pur essendo un po’ preoccupati per il fatto che l’attuale vicepresidente, Laura Laera, lascerà sicuramente il suo incarico in giugno. Il nostro Coordinamento sta lavorando bene, certo scontiamo 6 o 7 anni di totale ‘distrazione’ della politica da tale questione, al cui interno c’è stato il ‘triennio orribile’ della Cai tra il 2014 e il 2017. Naturalmente, sappiamo che il calo delle adozioni internazionali ha anche altre cause, a cominciare dall’incentivazione dell’adozione nazionale in alcuni Paesi. Ma certo, l’atteggiamento della politica in questi anni è stato penalizzante. In ogni caso, il nostro Paese resta il secondo al mondo per numero di adozioni internazionali, dietro solo agli Usa che hanno una popolazione molto più numerosa”.