Coronavirus. Quasi 300 contagiati. “Ai più piccoli spiegare la malattia senza drammatizzare”

Sbagliato allarmarsi. Il pedagogista Raffaele Mantegazza e la virologa Ilaria Capua lanciano messaggi positivi

Una prima notizia sul Coronavirus è che, tra gli infettati al momento identificati in Italia, non ci sono bambini. Nel frattempo, nella conferenza stampa tenuta ieri a Milano alla presenza dell’assessore regionale lombardo al Welfare, Giulio Gallera, sono stati sciorinati i numeri del contagio nella regione al momento più colpita.

 

Coronavirus: le parole di Gallera

“I decessi in Lombardia – ha detto Gallera – sono cinque, tutte persone con un quadro clinico debilitato e molto anziani. I contagi sono 172, 70% maschi e 30% femmine. Ad oggi siamo a 1.500 tamponi processati, c’è un’indagine approfondita”. Nella serata, poi, è arrivato il sesto decesso: un uomo dializzato ricoverato all’ospedale Sant’Anna di Como. Intanto a livello nazionale il numero dei contagiati è arrivato a 283 unità, 7 i morti.

Coronavirus: 7 morti ma nessuno tra i bambini

E, a proposito di bambini, con le scuole chiuse c’è chi invita i genitori a non farsi prendere dal panico. Si tratta del pedagogista Raffaele Mantegazza, dell’Università Bicocca: “In primo luogo – dice Mantegazza al Corriereè vero che per i più piccoli questa è una vacanza ma siccome non è mai successo prima che le scuole chiudessero per una settimana, non bisogna aver paura di parlare del coronavirus con i nostri figli. Spiegare loro cos’è questa malattia e come si evita adottando le necessarie norme igieniche, senza drammatizzare ma anche senza omettere perché così si creerebbe solo più panico”.

E, tra coloro che hanno voluto lasciare un messaggio meno drammatico rispetto alla situazione di panico dilagante, c’è  anche la virologa Ilaria Capua, che dalle pagine di Fanpage.it ha scritto alcune riflessioni.

“La sindrome simil influenzale causata dal Coronavirus – ha affermato la Capua – ormai ha raggiunto diverse regioni italiane e provocato quattro decessi. Anzi, diciamola meglio: è stato la concausa di alcuni decessi. C’è poco da essere ottimisti, direte voi. Vero, ma non per questo bisogna cessare di guardare le cose dalla giusta prospettiva. Prima riflessione. L’Italia sembra essere uno dei Paesi col più alto numero di contagi. Ecco: io sono convinta che diversi Paesi europei hanno casi di Coronavirus che verranno diagnosticati nei prossimi giorni. Nelle prossime settimane si chiarirà anche questo aspetto, così come l’effettiva estensione del contagio in Italia. Forse, molto banalmente, abbiamo diagnosticato di più e prima. Forse, seconda riflessione, siamo arrivati prima degli altri. E in questo senso, le date e il numero dei decessi ci devono far pensare. Personalmente, mi convinco sempre più che l’infezione in Veneto e Lombardia abbia circolato prima del primo decesso, almeno per una ventina di giorni. Di certo c’è che il virus non è stato paracadutato su Vo Euganeo con un drone. Il buonsenso ci dice che in quella zona l’infezione stia circolando da settimane, forse da qualche settimana, se non addirittura qualche mese. Lo stesso vale per il triangolo lombardo tra Codogno, Casalpusterlengo e Castiglione d’Adda”.

“Terza riflessione – ha proseguito la Capua – perché non ci siamo accorti della sua presenza, nelle settimane precedenti? La risposta vi sorprenderà: per fortuna non ci siamo accorti della sua presenza. Tanto più cresce il numero delle persone infette – o meglio: tanto più scopriamo casi pregressi e passati inosservati – tanto meglio è. Perché vuol dire che il numero degli infetti è maggiore di quanto pensavamo. E il potenziale letale del virus, molto minore. Se così è – quarta riflessione – vuol dire che la sua presenza, nelle scorse settimane, è stata nella stragrande maggioranza dei casi incapace di provocare una malattia degna di essere portata all’attenzione dei medici. Oppure, quando è stata portata all’attenzione dei medici italiani, è stata trattata dai medici italiani esattamente come è stata trattata dai medici cinesi. Cioè, hanno pensato che fosse influenza”.

“Quinta riflessione – ha concluso la virologa – Io non me la sento di escludere che anche solo oggi ci siano diverse persone che si sono infettate con il Coronavirus. A loro, e per tutti gli altri che verranno, va tutta la nostra umanità e la nostra empatia. Fare di qualcuno un untore è agghiacciante da un punto di vista umano e professionale. Farlo in presenza di un virus che sa nascondersi molto bene, dietro l’influenza tradizionale, lo è ancora di più”.