Dal Senegal per un pallone. Un sogno gettato in mare: perché nessuno parla più di corridoi umanitari?

La terribile storia di Doudou Faye, 14 anni, scaraventato nell’Oceano dai trafficanti di uomini perché malato

La vulgata corrente vorrebbe che, con il Governo Conte-bis, le cose, sul fronte del rispetto dei diritti umanitari dei migranti, siano cambiate in meglio rispetto al recente passato. Invece non è così. Anzi, ai tempi del Governo “giallo-verde” qualcosa, pur in un clima di ostilità verso l’accoglienza di nuovi richiedenti asilo, si era fatto. C’era un fondo da 500 milioni per l’Africa, si erano creati dei corridoi umanitari. Oggi, invece, a parole si dice che ‘le cose sono cambiate’, ma l’unica differenza è stata la cancellazione dei decreti Sicurezza. I fatti raccontano, infatti e purtroppo, un’altra versione rispetto a quella narrata dall’esecutivo. Un articolo del 15 novembre su Avvenire riporta le dichiarazioni di alcuni rappresentanti di importanti ONG che spiegano come non solo non vi sia stato alcun cambiamento rispetto all’era Salvini, ma che, anzi, con il pretesto del Covid-19 non esista alcuna missione di ricerca e soccorso comune.

Il risultato di questa incresciosa situazione sono storie terribili come quella di Doudou Faye, 14 anni, partito dal Senegal con il sogno di sfondare nel calcio italiano. Un sogno, il suo, che è svanito, inghiottito dalle acque blu dell’Oceano Atlantico. La vicenda di questo ragazzo (anzi, di questo bambino), che nel suo Paese natale giocava nel centro sportivo fondato da Patrick Vieira, la Diambars Academy, immaginando tribune piene di gente e una maglia con il suo nome, l’ha raccontata IlGiornale.it.

“Alcuni aguzzini – spiega l’articolo – hanno infatti lasciato credere al papà di Doudou che c’era una squadra pronta già oggi a dargli una maglia da professionista. Tappeti rossi, fama e soldi. Nulla di confermato dalle autorità. Era probabilmente una bugia, usata chissà quante altre volte da trafficanti senza scrupoli”. E così Mamadou Lamine Faye, padre del ragazzo, ha acconsentito a farlo partire. “Lo hanno fatto salire – spiega ancora l’articolo – forse controvoglia su un barchino. Dalle coste del Senegal sarebbe dovuto passare dalla Spagna. Ma in Europa non è mai arrivato”. Perché? “L’hanno gettato in mare perché si era ammalato”, racconta ancora IlGiornale.it.

Corridoi umanitari per migranti: bisogna tornare a parlarne

Una fine terribile. Scaricato in mare aperto “come fosse un pacco difettoso. Un carico che avrebbe potuto dare problemi all’arrivo in Europa“. Il padre di Doudou è stato arrestato “per aver causato indirettamente la morte del figlio e per ‘complicità nel traffico di migranti’“. Una doppia tragedia per una famiglia ora distrutta dal dolore e dall’orrore per una fine che poteva e doveva essere evitata. Un delitto i cui complici sono anche e soprattutto quelli che, per i motivi più disparati, hanno girato il volto dall’altra parte. Per non vedere, per non sapere. E allora, forse, bisognerebbe tornare a parlare di quei corridoi umanitari che, per ragazzi come Doudou, possono rappresentare la differenza tra la vita e la morte.