Costi fino a trentamila euro e quattro anni di attesa: ecco perché l’adozione è diventata un tabù

Sono sempre di più i bambini in cerca di una nuova famiglia. Stime dell’Unicef parlano di 168 milioni di minori, con un aumento di 5 milioni l’anno. Ma le richieste di adozione nel nostro Paese diminuiscono drammaticamente anno dopo anno. Che cosa succede: gli italiani hanno dimenticato la solidarietà? Non ci sono più coppie disposte ad abbracciare un figlio che arriva da lontano? Impossibile crederlo. Il guaio piuttosto è un altro: i costi e l’iter per accogliere nella propria casa un figlio con gli occhi a mandorla o con la pelle scura è un vero e proprio calvario. Una via crucis troppo costosa e troppo lenta che scoraggia decine, centinaia di mamme e papà pronti a ricevere un figlio che non è loro.

I numeri parlano chiaro: i decreti di idoneità all’adozione pervenuti alla Commissione per le adozioni internazionali, ossia quei certificati che devono essere rilasciati dai giudici minorili e che sanciscono, dopo un lungo percorso di incontri e test psicologici, che una determinata coppia  è “idonea” ad adottare un bambino sono stati 6.237 nel 2006, 5.635 nel 2007 e così via a calare.

Dal 2006, anno in cui è iniziato il calo, ad oggi, il crollo è stato del 49%. “Ogni anno venivano concesse in media 6000 idoneità, a fronte di circa 3 -4 mila adozioni. Il che significa che circa 3000 coppie non adottavano in quello stesso anno, ma l’avrebbero fatto in quelli successivi”, spiega Marco Griffini, Presidente e Fondatore di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini (www.aibi.it).

“Oggi quella riserva di coppie va sempre più diminuendo. Quest’anno per la prima volta sono state concesse meno idoneità rispetto ai bambini disponibili. Andando avanti di questo passo entro il  2020 l’adozione internazionale sarà finita”.

Ma c’è pure  un’altra questione. Come spiega a Repubblica Melita Cavallo, Presidente del Tribunale dei minori di Roma, “le restituzioni di figli adottivi stanno diventando di anno in anno più numerose, proprio perché i bambini arrivano a otto, nove anche dieci anni, quasi sempre con situazioni gravi alle spalle e i genitori non reggono e li rifiutano. Cioè li riportano a noi, che non possiamo fare altro che metterli in un istituto, nella speranza di trovare loro un’altra famiglia adottiva”.

E mentre il calo delle adozioni negli Stati Uniti è entrato come punto su cui intervenire nella campagna elettorale di Obama e nel Regno Unito è oggetto di una proposta di legge voluta dal premier Cameron, il grido di allarme di Ai.Bi. è una voce quasi isolata nel nostro Paese. “Siamo preoccupati per il fatto che nessuno sia preoccupato” chiosa Griffini, “anzi, da noi gli enti e i tribunali sembrano quasi plaudire a questa crisi che loro chiamano maggiore coscienza e presa di responsabilità delle coppie.

Peccato che al drastico crollo della richiesta di adozioni corrisponda un’impennata delle pratiche di procreazione assistita: “In Italia c’è ancora una grande voglia di fare figli, testimoniata dal vertiginoso aumento dei tentativi di procreazione assistita”. Forse il problema è dunque un altro. Certo, negli ultimi anni la crisi economica ha giocato brutti scherzi a tutte le famiglie, figuriamoci a quelle che scelgono di andare  a prendersi un figlio all’estero.

“I costi dell’adozione internazionale vanno da dagli 8 ai 30 mila euro, tanto che le banche emettono mutui  per l’adozione”, dice Gian Ettore Gassani, avvocato presidente dell’Ami, L’Associazione Avvocati Matrimonialisti, “inoltre oggi mantenere un figlio costa più di ieri”.

“Le tempistiche per l’adozione internazionale vanno dai 12 ai 48 mesi. Dipende molto dall’ente autorizzato che si sceglie e dal Paese di adozione”, nota l’avvocato Gassani, “molte volte le coppie sono poco informate sul fatto che in alcuni Paesi, la coppia deve soggiornare diversi giorni in loco. Ogni Stato ha la sua prassi, ed è meglio saperlo prima. “Una buona idea è quella di chiedere all’ente una sorta di preventivo sui tempi massimi di attesa”. Secondo un recente sondaggio di Ai.Bi., il 38% degli aspiranti genitori imputava l’impossibilità di adottare a cause economiche, ma un altro 38% alla complessità dell’iter. L’Italia è rimasto uno dei pochi paesi in cui per ottenere l’idoneità ad adottare si passa dal Tribunale dei Minorenni. “La coppia non viene vista come risorsa per il bambino abbandonato. Piuttosto, l’adozione viene considerata come un’esigenza della coppia senza figli. Quindi l’atteggiamento è quello di selezionare e non di accompagnare, i genitori nella strada dell’adozione. E proprio nella selezione vengono convogliate gran parte delle risorse” osserva il Presidente di Ai.Bi. Marco Griffini. “E un paradosso: si pretende che la coppia sia già pronta prima di iniziare il cammino. Questo ha creato un clima culturale di fuga dal calvario dell’adozione”.

Per non parlare delle falle dell’adozione nazionale, cioè di bimbi italiani, un percorso così difficile ad esempio perché manca la banca dati nazionale per i minori dichiarati adottabili.

Su questo punto Ai.Bi. ha fatto un ricorso contro il Ministero della Giustizia, che è stato accolto dal Tar e che verrà discusso il prossimo luglio. Ma tutti questi problemi sono risolvibili? Come? Ad esempio razionalizzando il numero di Enti autorizzati, diminuendoli da quasi 70 a venti, propone Griffini: “ A questo punto potrebbero scattare delle convenzioni con le Regioni per rendere gratuita l’adozione; inoltre si potrebbero recuperare le spese per l’ottenimento dell’idoneità , stimate in 25 milioni di euro l’anno per il lavoro della magistratura. Risparmi che andrebbero a costituire un fondo importante per la gratuità dell’adozione”.

Un altro passo per salvare le coppie dall’esasperazione è l’inserimento di un termine perentorio che renda certo il tempo dell’iter adottivo e infine, conclude il Presidente di Ai.Bi., “un cambio culturale dell’adozione, in cui la coppia sia considerata risorsa il bambino e non viceversa”.

(Da Visto, Natascia Gargano, 26 Aprile 2012)