Da trenta anni al fianco dei bambini abbandonati

griffiniUn esercito di volontari in lotta per il diritto di essere figlio: Andrea Pizzi di “La Banco nota”, testata del Banco di Desio, ha incontrato il presidente di Amici dei Bambini Marco Griffini, che ha raccontato la nascita, la storia, l’attività e la missione di Ai.Bi. Di seguito riportiamo integralmente il testo dell’intervista.

 

È una sera di ottobre del 1983, quando don Carlo Grammatica, allora parroco di Vizzolo Predabissi, si presenta a casa di Irene e Marco Griffini. Con lui ci sono Teresa ed Ermanno, una giovane coppia di Melegnano che vuole adottare un bambino. Irene e Marco hanno già due figli adottivi, Greta l’italiana e Valentina l’africana. Il terzo, Francesco, il brasiliano, arriverà qualche anno dopo. Don Carlo pensa che Irene e Marco siano le persone più adatte ad aiutare i futuri genitori.

Contattano Padre Mario Colombo, missionario del Pime in Brasile. Fatto sta, tenetevi forte, che nell’ospedale municipale di San Paolo c’è un neonato abbandonato. In due mesi quel bimbo è a casa di Teresa ed Ermanno: è loro figlio! Tra il 1984 e il 1986 questo gruppo di famiglie contribuisce a concretizzare 135 adozioni internazionali.

Nel gennaio 1986 nasce l’associazione Amici dei Bambini, organizzazione non governativa che, strenuamente, cerca di garantire a ogni bambino abbandonato il diritto a una famiglia. Oggi Ai.Bi. è un ente autorizzato per le adozioni internazionali, opera in Italia con una sede nazionale e 30 uffici tra sedi regionali e spazi famiglia ed è presente nel mondo in 31 Paesi con sedi operative in Europa dell’Est, Americhe, Africa e Asia.

Ci ha proprio visto giusto, don Carlo! A distanza di 30 anni da quella apparentemente anonima sera autunnale, Marco Griffini veste ancora oggi la maglia numero 10 di una squadra che è diventata un punto di riferimento per chi crede che essere figlio è un diritto e che l’abbandono è una piaga da curare senza se e senza ma.

Un sostantivo e un verbo ritornano, quasi freneticamente, nelle parole sincere e severe del fondatore e presidente di Ai.Bi. Abbandono e andare.

“L’abbandono minorile è la quarta emergenza umanitaria del XXI secolo – ci dice, accogliendoci nella vivace sede di San Giuliano Milanese, nella campagna a sud della metropoli meneghina -. Di fame si muore e si vede; di malattia si muore e si vede; in guerra si muore e si vede. Di abbandono si muore dentro e non si vede”.

Di fronte a questa emergenza la scelta è stata quella di andare, di impegnarsi, di sporcarsi le mani. Con il tempo, dopo le prime esperienze in Sudamerica, “la cosa si è fatta spessa, come diciamo qui a Milano – continua Griffini -. È vero che ciascuno di noi non è colpevole dell’abbandono di tanti bambini. Ma è altrettanto vero che ciascuno ne è responsabile. Questa convinzione ha sempre animato il nostro impegno e quello dei tanti amici che hanno condiviso e condividono con noi questa avventura”.

Mentre lo ascoltiamo, ci offre un gesto semplice. Come se mischiasse un mazzo di carte, ci invita a pescare tra una serie di biglietti da visita. Ne scegliamo uno con l’immagine di un sorridente bimbo brasiliano. “Vede, quel bimbo che lei ha scelto a caso ha bisogno di  noi. E non possiamo far finta di non vedere, perché i numeri dell’abbandono dei minori e nel mondo, sono da brividi”.

Ogni 15 secondi un bambino viene rifiutato. Si calcola che vi siano 168 milioni di bambini abbandonati. Proprio come il bambino della fotografia che campeggia su una parete dell’ufficio di Griffini: lasciato solo, cerca di reggere un enorme masso  che quasi lo travolge. Al suo fianco ci sono le orme degli adulti che se ne sono scappati, abbandonandolo a sostenere quel peso senza aiuto.

Per questo l’impegno di Ai.Bi. è a tutto campo. “Il nostro lavoro è quello di prevenire, sospendere, superare e accompagnare l’abbandono – continua il presidente, che è anche membro dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza -. Sosteniamo le famiglie di origine con progetti di cooperazione internazionale. Promuoviamo interventi di affido, così come accompagniamo il minore verso una nuova famiglia tramite l’adozione nazionale o internazionale. Lavoriamo a progetti di cooperazione internazionale che consentano l’inserimento dei bambini nella società. In sintesi, costruiamo una diversa cultura dell’accoglienza. C’è bisogno di un profondo cambiamento culturale, che oggi nel nostro Paese è quanto mai urgente”.

L’adozione è quasi sempre un cammino lastricato di trappole: “Oggi una famiglia che vuole adottare subisce in Italia un vero e proprio processo. La scelta di accogliere un figlio non è più vista come un atto d’amore. Occorre superare questa mentalità. Per noi l’adozione è ‘una cosa meravigliosa’, ma qui in Italia si fa di tutto per non renderla tale. I numeri ci dicono che l’adozione è in crisi e le istituzioni sembrano averlo dimenticato. In Italia nel 2013 sono stati adottati solo 2.825 bambini provenienti da 56 diversi Paesi: poco più della metà degli oltre 4mila adottati nel 2010. Con questo trend, nel 2020, non ci saranno più adozioni e aumenteranno i bambini abbandonati”.

All’Ai.Bi. però non passa giorno senza che si escogiti qualche iniziativa per fare breccia nei cuori delle persone. L’80% delle donazioni viene destinato alla lotta all’abbandono, il 20% a campagne di informazione e sensibilizzazione. Si fanno incontrare le coppie che desiderano un figlio con i figli che desiderano una mamma e un papà. Attraverso Ai.Bi., dal 1983, quasi 3mila bambini hanno trovato una famiglia. Nel 2013 i progetti di affido famigliare hanno riguardato 23 bambini, con l’obiettivo di preparare e sostenere le famiglie in un percorso di accoglienza temporanea, garantendo al minore affetti e protezione in attesa di essere di nuovo accolto come figlio.

Ai.Bi. ha attivato anche sei case famiglia, dove sono stati accolti 73 bambini: si tratta di una casa dove una mamma e un papà accolgono temporaneamente, con il supporto di operatori specializzati, fino a sei minori in difficoltà. Sono operative anche due comunità mamma-bambino, dove sono stati accolti 8 minori: una struttura in cui abitano quattro o cinque nuclei madre-figlio costantemente affiancati da un gruppo di educatori impegnati ad accompagnare le mamme verso una genitorialità responsabile.

Ai.Bi. ha gestito inoltre due centri di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati: accoglie i ragazzi entro 24 ore dalla segnalazione per un periodo massimo di sei mesi. Ci sono in corso 58 progetti di cooperazione internazionale in 15 diversi Paesi: ne beneficiano quasi 11mila giovanissimi. Attraverso l’associazione si effettuano sostegni a distanza. Molte aziende si sono lasciate coinvolgere in programmi dedicati di aiuto e condivisione.

“In una gelida notte di dieci anni fa a Mosca – conclude Griffini dedicandoci l’ultimo volume da lui firmato, dal titolo ‘… Ma Dio tace’ – un amico mi disse: ‘L’abbandono è un mistero che fa contemplato, ma non spiegato’ Sono convinto che ci sia una spiritualità dell’adozione e dell’abbandono. L’associazione non fa altro che rispondere a una chiamata di Qualcuno che muove le redini in modo imprevedibile. È uno strumento che desideriamo continui a dare frutti, perché ogni bambino ha… diritto di essere figlio”.