Ecco i “cinogenitori”: bagagli, regali, emozioni… e in 20 partono alla volta della Cina

bimbi cinesi 350 200Valigie cariche di emozioni agli aeroporti di Milano, Venezia e Roma. Dieci coppie provenienti da varie città d’Italia stanno per realizzare il viaggio dei viaggi. Nel forum si autodefiniscono ‘cinogenitori‘ perché  aspettano di poter incontrare i loro figli, nati in Cina. Il 6 settembre le dieci famiglie si ritroveranno tutte all’ aeroporto di Zurigo, da lì partiranno alla volta di Pechino dove li attendono scriccioli di pochissimi anni. I bimbi più grandi sono nati nel 2009, i più piccoli nel 2011.

Lorenzo Caldara, 39 anni, milanese  è il papà di una bimba di due anni, non nasconde la trepidazione: «Non riesco a immaginarmi il momento dell’incontro. Spero solo di riuscire a essere un buon padre, che per me vuol dire innanzitutto saper ascoltare per poter rispondere ai bisogni dei propri figli».  Poi sceglie di condividere il ‘nastro dei ricordi’ che racchiude il percorso fatto con la moglie Lucia. La loro è la storia felice di un amore passato ai raggi X da tribunale, servizi sociali e Ai.Bi.: «E’ stato un percorso che ci ha fatto crescere come coppia, certo non è stato una passeggiata, ma nemmeno roba da supereroi. Bisogna solo aver voglia di mettersi in gioco. Si viene toccati in aspetti della propria vita che un genitore biologico non affronta minimamente. Ma quando si capisce che quel che conta è il bene del bambino, si accetta anche questo». Confida un sentimento comune a tanti papà: «L’adozione è bella perché diversamente dal parto fino al momento dell’incontro con il proprio figlio, marito e moglie fanno tutto insieme».  Alla domanda su cosa sia per lui l’adozione, risponde: «E’ un vuoto e un pieno che si completano. Da un lato il bisogno di essere amata di nostra figlia, dall’altro il nostro bisogno di amare».

E’ di Salerno invece Cinzia Ferretti Angeloni. Partiranno per la Cina in tre, insieme al figlio più grande di otto anni. Commenta al telefono: «Ho una voglia immensa di partire: questo è l’epilogo di un lungo percorso psicologico e burocratico. Che per quanto lungo, credo sia giusto nei tempi, perché si ha modo di maturare e conoscere tante realtà che altrimenti resterebbero ignote. L’idea del figlio che volevo quattro anni fa è molto diversa da quella che ho oggi. Le piccole disabilità che possono avere i bambini, non spaventano più:  in fondo quando si concepisce un figlio biologico è la stessa cosa». E chiosa: «Non esiste la famiglia del Mulino Bianco». La labiopalatoschisi della sua piccina passa così in secondo piano rispetto a un timore tutto materno: «Il problema è che l’altro mio figlio ormai è grande e io ho dimenticato come sono e cosa mangiano i bambini così piccoli». A chiedergli come si immagina l’incontro con la bambina, sorride: «Io piangerò, mio marito fingerà di non farlo, l’unico che si manterrà lucido sarà nostro figlio».

 Sabrina Zanetti ha vissuto i giorni prima della partenza in modo diverso. Al telefono, acchiappata al volo tra una riunione e l’altra di lavoro, confida: «Questa vigilia la sto vivendo con un pizzico di incoscienza. Dovendo sbrigare le ultime incombenze di lavoro, cerco di mantenere la calma. Mi aiuta molto la serenità con cui nostra figlia di sette anni sta vivendo questa bella novità». A ventiquattro ore dalla partenza,  confida: «Non ho ancora fatto le valigie. L’unica cosa che è pronta è un draghetto di peluche. L’ho comprato un anno fa, quando arrivò finalmente l’abbinamento». E dimenticandosi del lavoro, prende fiato e si lascia andare ai ricordi: «Fino a quando non c’è stato l’abbinamento, ho fatto pensieri di tutti i tipi. Avevo anche deciso di rinunciare a tutto. Poi quando finalmente mio figlio ha avuto un nome e un volto, qualsiasi paura è scomparsa». Poi si congeda, presa dal lavoro. E le valigie? E lei: «Beh, le farò all’ ultimo minuto. Le medicine per febbre e raffreddore le ho comprate, il giocattolo c’è. I vestiti pure… E poi due parole che mi ripeto da sempre in cinese: ‘Ciao’ e ‘Grazie’