Enti in trincea e adozioni in “caduta libera”: esperti e famiglie s’interrogano

cinesiPaesi accoglienti, enti autorizzati, famiglie e associazioni al convegno di Ai.Bi. (26-27 agosto) sul futuro dell’adozione, tra responsabilità politiche e disponibilità delle famiglie. “La vita del popolo”, testata giornalistica della Diocesi di Treviso, presenta il convegno internazionale in programma a Gabicce Mare (Pu), in questo articolo, che riportiamo integralmente, pubblicato giovedì 20 agosto.

 

La crisi dell’accoglienza sta cancellando l’adozione internazionale in Italia: come uscire da questa paralisi, che tocca volontà politiche e disponibilità delle famiglie ad adottare, è il tema sul tavolo del confronto dei paesi accoglienti, enti autorizzati, famiglie e associazioni, chiamati a una due giorni di riflessione da Ai.Bi. – Amici dei bambini (26-27 agosto, Gabicce Mare – PU) .  “Adozione internazionale in cerca di futuro. La scelta politica dell’accoglienza”, il titolo del convegno, in occasione della XXIV Settimana di formazione e studi delle associazioni Ai.Bi., che indaga su cosa fare e come procedere nel bene dei bambini.. Sulla “caduta libera” dell’adozione l’associazione milanese lancia l’allarme da tempo: “L’accoglienza familiare continua il suo declino, qui in Italia come negli altri Paesi storicamente accoglienti. Solo a casa nostra, negli ultimi 5 anni, le adozioni internazionali si sono dimezzate. Se tale trend non sarà interrotto il sistema accoglienza scomparirà tristemente”. Il convegno di Gabicce è dunque, nell’intento dei promotori, l’occasione per indagare a livello internazionale sulle ragioni del declino e riflettere “su quali strade sia necessario incamminarci per far si che uno degli strumenti di protezione più importanti per i minori in stato di abbandono non venga a scomparire”.
“Saranno le famiglie a salvare l’adozione”. Una delle voci presenti al convegno sarà quella di Andrea Speciale (Forum nazionale delle associazioni familiari) secondo cui è necessario un grande sforzo culturale: Bisogna recuperare la cultura dell’accoglienza  e aiutare le famiglie a coltivare la disponibilità ad adottare. Cosa che in Italia c’è sempre stata, tanto da riuscire a distinguersi positivamente a livello mondiale, ma che ora, per ragioni varie, sembra essersi persa”.  Speciale parla di “riflusso di coscienza sull’essenza dell’accoglienza”, come se quest’ultima non fosse più vista come una delle questioni centrali nella vita della nostra società. Ma accanto a questo l’assenza di impegno della politica e da parte di chi “ha il compito di orientare la crescita del Paese, a partire dalla situazione della Commissione adozioni internazionali.  “Fino a un po’ di tempo fa – ricorda Speciale – la Cai si riuniva una volta al mese, il lavoro veniva svolto in modo collegiale e si ascoltavano i problemi segnalati dagli enti e dalle associazioni”. Ma “il senso di collegialità si è perso – accusa Speciale – e la presidente adotta dei provvedimenti senza ascoltare il parere dei membri della Commissione, secondo una modalità fuori dal regolamento della Cai. La responsabilità di questo malfunzionamento è politica: nessuno interviene per fare evolvere questa situazione e tutto ciò nasce da una scelta politica di disinteresse”.

“Enti in trincea. Occorre tornare a fare rete”. Per Gianfranco Arnoletti, presidente di Cifa for Children, ente autorizzato che sarà presente al convegno di Ai.Bi., “spiegare la scarsa quantità delle adozioni con la ricerca della qualità è solo una giustificazione per chi non riesce a fare le cose bene. Se si vuole seguire scrupolosamente le procedure e lavorare con qualità, lo si può fare sempre, sia che si realizzi un’adozione sia che se ne facciano 100. Tra l’altro, proprio gli enti più grandi sono quelli chiamati a prestare una maggiore attenzione a tutti gli aspetti degli iter che seguono”. Dito puntato dunque contro una “frammentazione” tutta Italiana: “Solo da noi ci sono più di 60 enti autorizzati, tra cui alcuni fanno magari non più di 5 adozioni all’anno”.  Per il presidente di Cifa for Children la soluzione sta nel “ricominciare dal principio! Sedersi di nuovo tutti attorno a un tavolo e fare rete, dimostrare che l’adozione internazionale interessa e che si vuole recuperare la credibilità che l’Italia aveva all’estero in questo settore”. “Da qualche anno non si fa più nulla per promuovere l’adozione internazionale – sottolinea -. Gli enti se ne stanno in trincea, si diffondono convinzioni errate come quella secondo cui i minori adottabili sarebbero sempre meno e la politica se ne disinteressa”. L’appello più forte quindi è a governo e parlamento. “Forse le famiglie adottive, poche migliaia all’anno, non sono viste come un grande bacino elettorale, ma prima di un discorso di voti bisognerebbe fare un discorso etico”.

Iter adottivi troppo lunghi e costi proibitivi. Al convegno anche i rappresentanti del settore delle adozioni di Francia e Spagna: Jean-Michele Rapinat direttore aggiunto dell’Afa (Agence française de l’adoption) e Adolfo Garcia, coordinatore del Cora (Coordinadora de Asociationes ed Defensa de la Adópcion y el Acogimiento). Per Rapinat, tra le principali cause della crisi dell’accoglienza adottiva, ci sono gli iter adottivi troppo lunghi, i costi proibitivi per le coppie e un profilo dei minori adottabili più “problematico” rispetto alla disponibilità di molte famiglie. Formazione e l’accompagnamento degli adottanti in tutte le fasi, compreso il post-adozione, le priorità: “Quella che dobbiamo mettere in atto – spiega  – è una vera e propria rivoluzione culturale: le coppie devono sapere che non c’è nulla da ‘temere’ dai bambini più grandicelli o con qualche problema”. Garcia  trova le ragioni della crisi nelle decisioni di alcuni Stati di provenienza che, per esempio, chiudono l’adozione internazionale a tutti o ad alcuni Paesi o riformano la legislazione limitando il profilo degli adottati o dei potenziali genitori. Oltre alle sempre più diffuse pratiche di procreazione assistita. Si stima che nel 2014 – ricorda Garcia – il numero di bambini nati attraverso la gestazione surrogata sia stato di 1.400 e quello dei minori arrivati in adozione internazionale inferiore ai 1.200”.Secondo il coordinatore del Cora, la ricetta giusta per uscire dalla crisi deve passare necessariamente dall’apertura di nuovi paesi. Cosa che la Spagna sta cercando di fare, a differenza dell’Italia dove da 4 anni non viene concessa alcuna nuova autorizzazione agli enti per poter operare in nuovi Paesi. Accanto a un lavoro di rete tra gli enti autorizzati e le diverse Autorità Centrali.