Femminicidio. Bambini vittime dell’omicidio tra genitori: che fine hanno fatto i 1600 orfani?

bambino rifiutato

Nei femminicidi cambiano i volti e le storie, ma la costante che sempre più spesso si ripresenta è il dramma di chi resta indietro: i figli, spesso piccoli o minori. Una grande invisibilità non superata, loro fanno parte della famiglia in cui viene esercitata la violenza del padre contro la propria madre. Ora i media ne parlano di più, e ciò aiuta a far crescere un clima di condanna sociale. Ma la strada è lunga, e c’è bisogno di una grande battaglia culturale anche da parte maschile. Anche perché il fenomeno è in crescita e al momento in Italia di loro, di quei 1600 orfani di femminicidi non si occupa nessuno. Nessun progetto istituzionale, nessun fondo, nessuna omogeneità giuridica nel trattamento di questi minori.

E soprattutto si pone un quesito fondamentale:  per questi bambini, orfani, è meglio che vengano adottati e inviati il più lontano possibile dal luogo del delitto per far si che possano dimenticare o andare in una famiglia di parenti? Questi bambini infatti a volte vengono affidati alla famiglia della madre, a volte a quella del padre-killer, altre volte ancora alle comunità. Ma non sarebbe più auspicabile per una loro reale ed effettiva rinascita, darli in adozione ed essere accolti da una famiglia che sappia loro trasmettere amore e sicurezza? Dove soprattutto nessun elemento li ricolleghi ad un passato da dimenticare?

 Oggi, 21 settembre, alla Camera toccherà ricordarlo alla psicologa della Seconda Università degli studi di Napoli Anna Costanza Baldry, che presenterà il suo studio sull’argomento. L’unico attraverso cui è possibile, a oggi, quantificare l’esercito degli “orfani speciali”: 1.628 dal 2000 ad oggi, 417 soltanto negli ultimi tre anni (180 minori).È sui dati empirici che le istituzioni sono chiamate a riflettere – spiega Baldry – perché soltanto con quelli si possono costruire dei percorsi dedicati che permettano a questi figli di ricostruirsi una vita, di avere un futuro per quanto possibile sereno”.

All’appuntamento di Montecitorio, cui parteciperanno anche la Garante dell’infanzia Filomena Albano e il presidente di Dire (Donne in rete contro la violenza) Titti Carrano, verranno presentate anche delle Linee guida di intervento che saranno a disposizione dei servizi sociali, dei magistrati, degli insegnanti, delle forze dell’ordine. Lo scopo è iniziare a costruire un protocollo di azione condiviso e tempestivo, capace di salvare la vita a questi piccoli.