Firenze, Convegno Adozioni Internazionali: Palacios “un esercito di professionisti non organizzato”

«I bisogni del bambino devono essere al centro di tutto» ha voluto ricordare Jesùs Palacios nella lectio magistralis che ha tenuto di fronte agli oltre duecento partecipanti del Convegno sulle adozioni internazionali in corso a Firenze.

Palacios, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università di Siviglia in Spagna ha ricordato che «le prassi sulle adozioni variano da nazione a nazione ma io le ho volute dividere in tre fasi. Nella prima non c’erano interventi professionali ma – di solito da qualche sacerdote – venivano individuate “buone famiglie cristiane”.

La seconda fase, da addetti ai lavori, veniva fatta una valutazione e selezione delle famiglie attraverso un attestato. Nella terza fase. Quella odierna gli interventi professionali si sono moltiplicati con operatori diversi che seguono dal pre-adozione al post-adozione. Questa fase vede interventi di varie figure professionali sia dei paesi di origine dei bambini che in quelli di adozione. Sono le figure di giudici, politici, assistenti sociali, psicologi, logopedisti, terapeutici clinici e dell’apprendimento. Tutte figure che io definisco un esercito di professionisti non organizzato. Va pensato un modello utile a livello europeo sia per il pre-adozione che per il follow-up e per i servizi post-adottivi». 

Il Convegno è stata anche l’occasione per illustrare le relazioni delle quattro delegazioni internazionali invitate: Federazione Russa, Colombia, Vietnam, e Burkina Faso.
La delegazione della Federazione Russa (al primo posto per bambini adottati con oltre il 17%) ha ricordato che riguardo alle adozioni non si è mai visto un atteggiamento responsabile come quello dell’Italia e dopo la firma del protocollo con il nostro Paese stanno per siglare un accordo con altri Paesi tra i quali gli Usa. Il successo della cooperazione con l’Italia ha conferma anche con un seminario di studio della lingua russa per genitori adottivi.

La delegata della Colombia ha sottolineato che nel paese latino americano la vendita dei bambini oggi è punita con pene più severe che vanno dai 17 ai 30 anni di reclusione.

La delegata del Burkina Faso ha sottolineato la situazione di povertà nella quale vivono i bambini orfani del suo Paese e ha posto il problema sulla difficoltà delle coppie adottanti nel comprendere le differenze socio-culturali, alimentari e ambientali dei bambini africani. Ha voluto mettere in evidenza l’importanza della preparazione psicologica delle famiglie adottanti e la necessità di una preparazione socio-culturale e dell’ambiente del bambino che deve essere adottato.

Il Vietnam ha ricordato che da dieci anni lavora con le adozioni con nove nazioni tra le quali c’è anche l’Italia. Il 1 gennaio di quest’anno ha varato una nuova legge in materia. Vengono dati in adozione circa un migliaio di bambini all’anno ma molti di questi sono adottati da famiglie vietnamite che vivono all’estero. Circa 170 bambini vietnamiti sono invece presi in adozione dalle famiglie italiane. Il Paese del Sudest asiatico lavora con ventisette enti accreditati tutti stranieri, sette dei quali sono italiani.

La giornata è continuata nel pomeriggio con gli interventi di Ondina Greco, psicologa e psicoterapeuta che ha parlato sul tema “Cosa è in questione nello studio di coppia?” seguito dall’intervento di Rosa Rosnati, docente di psicologia sociale all’Università Cattolica di Milano che ha parlato di “Legame di coppia nell’adozione”. Subito dopo c’è stato l’intervento di Stèphanie Romanens-Pythoud, del Servizio sociale internazionale su “L’adozione dei bambini con bisogni speciali: ruolo e prospettive nei Paesi di origine e di accoglienza a cui è seguita una Tavola rotonda con dibattito.