I giudici s’inventano la doppia mamma

giudiceCoppia lesbo sposata (e divorziata) in Spagna, bimbo concepito con l’eterologa. Una paradossale sentenza della Corte d’Appello di Torino attribuisce la maternità a entrambe. Ne parla in questo articolo, che riportiamo integralmente, pubblicato sul quotidiano “Libero”, giovedì 8 gennaio 2015, a firma del giornalista Gianluca Veneziani.

 

Vi ricordate quel film, “Tre scapoli e un bebè”, in cui tre uomini si ritrovavano improvvisamente a esser padri dello stesso bambino? Beh, qualcosa di simile è accaduto l’altro giorno a Torino, dove la Corte d’Appello ha di fatto dato il via libera giuridico alla doppia maternità, riconoscendo come il figlio biologico di una donna – nato grazie a un’inseminazione eterologa avvenuta in Spagna – sia in realtà figlio anche della sua partner.

Le due donne, sposatesi anni fa a Barcellona e divorziate nel 2014, sono indicate nello stato civile del Comune catalano come “madre A” e “madre B”. Il tribunale di Torino, in primo grado, aveva rifiutato di trascrivere quell’indicazione nell’anagrafe locale, ritenendola «contraria all’ordine pubblico», relativamente alle norme in materia di filiazione che fanno riferimento, in maniera congiunta, ai termini di madre e padre, marito e moglie. Poi però la Corte d’Appello, con una sentenza clamorosa, ha ribaltato quella decisione, autorizzando la trascrizione dell’atto di nascita del bimbo in Italia e così legittimando il surreale istituto giuridico della “doppia mamma”.

Ancor più sorprendenti le motivazioni che la presidente della Corte, Silvia Daniela, ha addotto per spiegare la scelta. Secondo il giudice, la registrazione del bimbo come figlio di due madri sarebbe «nell’interesse del minore», in quanto «la mancata trascrizione dell’atto di nascita verrebbe a comprimere il diritto alla sua identità personale e al suo status in Italia». In sostanza, dirsi figli di due madri sarebbe una forma di tutela verso il piccolo, che ha diritto ad avere una mamma e… un’altra mamma. Siamo al rovesciamento dei criteri basilari su cui si fondano la complementarità dei sessi e la nascita di una famiglia secondo la Costituzione; quella per cui, senza la diversità dei ruoli genitoriali – mamma e papà, appunto – non è possibile né il venire al mondo di una nuova vita né la difesa dei suoi interessi fondamentali.

Ma la Corte di Torino si è spinta oltre, attribuendo un ruolo sociale decisivo alla “madre B”, che si protrae anche in seguito alla separazione dalla sua compagna. La sentenza prevede infatti che «la mancata trascrizione comporterebbe conseguenze rilevanti in ordine alla libera circolazione del minore». E dunque stabilisce, con uno strappo alla norma, che il figlio della “madre A” possa circolare liberamente in compagnia della “madre B”, quasi si trattasse di una coniuge separata. È evidente che tale motivazione giustifica ex post le nozze gay: pur essendo impossibile trascrivere in Italia un matrimonio omosessuale avvenuto all’estero, il riconoscimento giuridico dello status di partner separati con affido congiunto del figlio fa pensare a una famiglia a tutti gli effetti.

Un bel garbuglio, insomma. Che mette in crisi chi si affidava ad alcune verità finora inconfutabili come quelle per cui “di mamma ce n’è una sola” e “mater semper certa est”. Ora piuttosto dovremmo ammettere che di mamme certe ce ne possono essere due. Chissà che ne penserà il Papa, che proprio ieri ha detto: «Ogni persona deve la vita a una madre». E ribadiamo: una.