Il caso di “Cito” Okamoto: quando l’amore dei genitori per i propri figli è più forte del tempo

Morto dopo 31 anni di coma in seguito a un incidente, è stato vegliato dal padre fino all’ultimo giorno

Fino a dove può arrivare l’amore di un genitore per il proprio figlio? La risposta si può forse trovare nella storia, triste, di Ignazio “Cito” Okamoto, scomparso il 23 agosto 2019, all’età di 54 anni di cui gli ultimi 31 passati su un letto, in coma. Una storia di sofferenza ma, anche e soprattutto, di amore. L’amore che i genitori di Ignazio hanno dedicato, per un trentennio, a quel figlio con il quale non potevano comunicare e del quale sapevano che, molto probabilmente, non avrebbe mai riaperto gli occhi.

Papà messicano ma di evidenti origini giapponesi, mamma bresciana, “Cito” era un ragazzo con tanta voglia di vivere. Nel 1988, nella notte della Festa del papà, quando solitamente figli e genitori vivono momenti felici, “Cito” fu vittima di un incidente stradale maledetto, sull’Autostrada del Brennero, sulla quale viaggiava insieme ad altri quattro amici. Uno di loro morì sul colpo, mentre Ignazio finì in coma.

Ad accudirlo, da allora, sono stati il papà e la mamma. Il padre, Hector, per stare a fianco di suo figlio da allora ha lasciato il lavoro e ha accudito, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, quel corpo silenzioso e inerme.

Quel che chiamiamo per comodità ‘stato vegetativo’ (cosa tutt’altro che chiara scientificamente) – ha scritto Daniele Rondoni in un bellissimo articolo su Quotidiano.netnon sappiamo che esperienza del tempo produca. Di certo sappiamo che il tempo dei suoi genitori è stato attraversato dall’amore. Amore che ha mosso il cielo dei loro anni e le stelle delle loro speranze e sacrifici”.

“L’Amor che move il sole e l’altre stelle”, scriveva appunto Dante nella Commedia. Già, un amore infinito, sconfinato, l’amore di chi crea la vita. E che, nella realtà terrena, non può trovare miglior rappresentazione che l’amore di un padre e di una madre per il proprio figlio.