Il falso problema dell’adozione ai gay: oggi, in Italia, il 50 % delle coppie sposate non ha figli e non adotta

famiglia_affidoSi parla tanto di adozioni ai gay, ultimamente, ma chi opera nel settore sa che si tratta di un falso problema. Uno specchietto per le allodole, per allontanare l’attenzione dalla vera questione: la necessità impellente di una riforma dell’intero sistema delle adozioni internazionali. La proposta di legge c’è, ma giace in Parlamento da mesi, impolverata. Non sono mancate, nel frattempo, anche esortazioni a intervenire con urgenza dai più alti livelli istituzionali, basti ricordare la “tripletta” messa a segno dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il Presidente del Senato, Pietro Grasso, e la Presidente della Commissione per l’infanzia e l’adolescenza, Michela Vittoria Brambilla, in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, lo scorso 20 novembre: tutti “gol” che si sono rivelati inutili, dato che la “partita” è stata “sospesa” per carenza di iniziativa “sul campo”.

Chi tira in ballo, a sproposito, i diritti degli omosessuali ad adottare minori, evidentemente trascura il fatto che la priorità, in questo momento, è quella di trovare soluzioni concrete per agevolare l’incontro fra la “domanda” di quel 50% circa di coppie italiane sposate e sterili che non adottano, e l’“offerta” di quei 168 milioni di bambini abbandonati negli istituti di tutto il mondo, che cercano famiglia.

Io faccio parte di quel 50%, scrive una lettrice di Ai.Bi. News, in riferimento a un articolo pubblicato tempo fa: “volevo adottare, condividere amore, sperando di riuscire a dare un futuro più sereno a un bimbo che ne aveva bisogno.”

Peccato che non avesse fatto i conti con le assurdità di un iter non solo oneroso e complesso, ma anche umiliante, durante il quale si è sentita persino “giudicata perché non ho voluto passare tramite la procreazione medica assistita, presa in giro, con appuntamenti saltati e convocazioni dell’ultimo minuto”.

“Sono sempre stata dell’idea che i figli non sono ‘roba’ tua, prosegue la nostra lettrice, “sono persone, e tu devi essere la spalla su cui si appoggiano, il terreno su cui crescono, i sentimenti di cui si nutrono, perché un giorno possano camminare da soli nel mondo…”

Pensieri, questi, che sono stati giudicati da servizi sociali e dal tribunale “come non idonei con il percorso adottivo, in  quanto non possiamo sapere cosa aspettarci quando abbiamo a che fare con un figlio adottivo.” Con tutte le conseguenze che si possono immaginare, in termini di disillusione e amarezza, di fronte a questa diffusa e distorta “cultura” dell’adozione, caratterizzata da una visione “selettiva” delle coppie, che, vengono “giudicate”, quando andrebbero “accompagnate”, durante tutto il delicato percorso adottivo.

Un percorso all’origine del quale dovrebbe esserci l’incontro con un’altra famiglia adottiva, con la quale confrontarsi e condividere preoccupazioni e aspettative, non un “interrogatorio”. Un cammino caratterizzato da un’assistenza continua, non da procedure inquisitorie. Un sentiero tracciato nel solco dell’accoglienza, non del giudizio e dello scherno.

Se non cambierà l’approccio e non si interverrà presto per riformare questo sistema, saranno sempre più numerose le famiglie che, scoraggiate da testimonianze come quella della nostra lettrice, decideranno di rinunciare in partenza a compiere quello che è soprattutto un grande gesto di giustizia e amore: dare, a un bambino abbandonato, una mamma e un papà.