Il pericoloso alibi della crisi globale, ma l’Italia non è il resto del mondo. Perché nel nostro Paese il calo inizia solo dal 2012? Quali le vere cause?

grafico-italia-franciaChe il calo delle adozioni internazionali sia un fenomeno diffuso a livello mondiale è un dato inconfutabile. Ma dire che le cause di questa crisi siano le stesse in tutti i Paesi appare quanto mai azzardato. E quasi sicuramente non corrispondente alla verità dei fatti. Le ragioni che stanno portando, negli ultimi anni, a un crollo dell’accoglienza adottiva sono diverse a seconda delle varie realtà nazionali e non sempre sono ricollegabili a fenomeni globali.

Il caso italiano, per esempio, è dovuto prevalentemente a problematiche interne che non possono essere nascoste ricorrendo all’alibi della crisi generale.

Di crisi generale ha parlato recentemente l’Istituto francese di studi demografici (Ined), secondo il quale, alla base del trend negativo, ci sarebbe una serie di ragioni riconducibili essenzialmente ai tradizionali Paesi di origine dei minori adottati. Il miglioramento del tenore di vita nelle Nazioni a basso reddito e la conseguente riduzione del numero di orfani, la maggiore diffusione della contraccezione, l’attenuazione delle nascite “illegittime” avrebbero portato a una generale diminuzione dei bambini abbandonati e quindi anche di quelli adottabili. A queste ragioni si sarebbero aggiunti fattori di ordine politico e giuridico, come l’introduzione di requisiti più severi per gli aspiranti genitori, come avvenuto ad esempio in Cina, e le diverse moratorie sulle adozioni internazionali che si sono succedute in Romania, Bulgaria, Guatemala, Vietnam e diversi altri Paesi. A rimanere nel “circuito” delle adozioni, quindi, secondo l’Ined, sarebbero rimasti quasi soltanto i bambini “speciali”: affetti da qualche forma di patologia, con un’età superiore ai 6 anni oppure in gruppi di fratelli.

È a tutto ciò che in Francia attribuiscono la loro crisi delle adozioni. I dati diffusi dal Quai d’Orsai, il ministero degli Esteri di Parigi da cui dipende il Mai – Mission de l’adoption internazionale, riferisce che i bambini stranieri adottati in Francia nel 2014 sarebbero stati solo 1.069. Si tratta del numero più basso degli ultimi 30 anni, pari a un quarto di quelli accolti nel 2005, quando furono 4.136. Oltralpe, quindi, il crollo è iniziato 10 anni fa. Il maggiore tracollo, Parigi l’ha fatto registrare tra il 2010 e il 2011, quando si passò, in un solo anno, da 3.504 a 1.995 minori adottati (-43%).

Proprio in quegli anni, invece, l’adozione internazionale in Italia viveva il periodo di suo massimo splendore, con rispettivamente 4.130 e 4.022 piccoli accolti. Era il picco di un processo di crescita che durava costante da alcuni anni e che quindi non aveva registrato alcun problema negli anni successivi al 2005, quelli in cui iniziava a manifestarsi in declino in Francia.

Le ragioni dell’attuale crisi italiana sono quindi diverse da quelle transalpine. A questa conclusione si giunge facilmente a partire da 3 riflessioni.

Innanzitutto, è da mettere fortemente in dubbio il fatto che siano davvero diminuiti i minori adottabili. Anzi, un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato nel 2009 afferma esattamente il contrario. Basti pensare che, nella sola Africa, ci sarebbero 7,7 milioni di bambini orfani di entrambi i genitori morti di Aids. Per assicurare una nuova famiglia a tutti i circa 15 milioni di minori del mondo rimasti senza un papà e una mamma a causa dell’Hiv, ha calcolato l’Onu, le adozioni dovrebbero moltiplicarsi di 60 volte rispetto a quelle attuali.

Il diverso andamento dell’adozione internazionale tra Italia e Francia, ovvero il Paese più vicino e con numeri più simili al nostro, porta a concludere che la causa della crisi italiana non è l’innalzamento dell’età media dei minori adottabili e il fatto che si tratti in genere di bambini “speciali”, una situazione che dovrebbe accomunare tutti i Paesi. Se il problema fosse questo, perché, mentre la Francia cala, l’Italia sale fino al 2011? E perché il nostro Paese, invece, inizia a crollare dal 2012?  I dati parlano chiaro. Dal 2001 al 2007 i minori stranieri accolti in Italia sono stati, in media, 2.811 all’anno. Nei successivi 4 anni (2008-2011), a dispetto del crollo d’Oltralpe, da noi la media è salita a 4.023 bambini adottati l’anno. Numeri che oggi sono solo un lontano ricordo: nel 2012 i minori accolti erano già scesi a 3.106, per poi scendere a 2.825 nel 2013 (-35%  rispetto al 2010) e, secondo le proiezioni, a circa 2mila nel 2014 (-50%).

Riguardo ai bambini “speciali”, l’Italia è sempre stata in controtendenza rispetto agli altri Paesi: le adozioni concluse da noi, infatti, erano tradizionalmente caratterizzate da un’età media particolarmente elevata dei bambini adottati e dalla disponibilità ad accogliere minori non “graditi” dagli adottanti degli altri Paesi. In Olanda, per esempio, la legge non considera adottabili a livello internazionale i bambini di età superiore ai 6 anni.

Il problema degli ultimi 3 anni evidentemente risiede altrove. Sta probabilmente in una cattiva gestione della Commissione Adozioni Internazionali e in una totale mancanza di forza propulsiva da parte della componente politica della Cai. Il disastro della presidenza Cai dell’allora ministro Andrea Riccardi segnò l’inizio del periodo nero: nemmeno una missione all’estero del presidente, neanche una delegazione di Paesi stranieri ricevuta in Italia, una sola riunione con gli enti autorizzati organizzata. La “meteora” della breve presidenza del ministro Cecile Kyenge fu segnata dall’assenza per mesi di una vicepresidente e quindi della parte operativa della Commissione. Per arrivare poi all’attuale Cai, caratterizzata da una gestione personalistica, dall’accorpamento delle cariche di presidente e vicepresidente in una sola figura, da un’unica riunione della Commissione in un anno di mandato, dalla paralisi dell’ apparato burocratico della stessa Cai culminato nel  mancato rilascio agli enti stessi di documenti e autorizzazioni indispensabili al rinnovo degli accreditamenti per poter operare nei Paesi esteri, dalla mancata risposta alla decine e decine di richieste degli Enti Autorizzati per aprire nuovi Paesi, dalla mancata convocazione di tavoli-Paese per affrontare congiuntamente, come sempre fatto in passato, i vari problemi dei doversi Paesi, dalla mancanza di missioni  congiunte  nei paesi di origine…….

Lo sfascio dell’adozione internazionale in Italia sta quindi proprio in queste disfunzioni. È evidente che se questo sistema venisse  di nuovo sostenuto riuscirebbe non solo a resistere ai momenti di crisi, ma a trovare le risorse necessarie per riprendere a  svilupparsi. Ma se, al contrario, per qualche recondita  e inspiegabile ragione,  si tenta addirittura di  contrastarlo – è impossibile infatti realizzare delle adozioni se la Autorità Centrale non adempie ai propri compiti  – la fine del nostro sistema di accoglienza è solo una questione di date .

Qualcuno però, e a questo punto crediamo che sia compito proprio del Presidente Renzi, dovrà spiegare alle migliaia di famiglie italiane che vorrebbero accogliere un bambino abbandonato perché si è voluto sfasciare un sistema giudicato da tutti il fiore all’occhiello del Made in Italy dell’accoglienza.