Inascoltato l’appello della società civile: Draghi vittima della partitocrazia. Si vota il 25 settembre!

Nonostante la grande spinta a sostegno della prosecuzione del governo arrivata da tantissimi componenti della Società Civile, i partiti non hanno rinnovato la fiducia a Mario Draghi. Sciolte le camere, si voterà il 25 settembre – AGGIORNAMENTO

Tutto come prima. Dopo 5 giorni di giri di giostre poco edificanti, dentro e fuori il Parlamento, Mario Draghi è tornato deve già era stato venerdì 15 luglio: al Quirinale, dal Presidente Mattarella, per rassegnare le sue dimissioni. Questa volta in maniera definitiva e irrevocabile. A nulla sono valsi i tentativi di mediazione di chi ci ha provato né, soprattutto, gli appelli arrivati da gran parte della società civile, in una mobilitazione mai vista in passato. Una mobilitazione a cui anche Ai.Bi. ha partecipato, sottoscrivendo l’Appello delle Associazione del Terzo Settore che avevano auspicato Mario Draghi potesse rimanere a capo del governo.
Invece, il governo Draghi è caduto e in giornata è arrivata la conferma ufficiale delle prossime elezioni: il 25 settembre!

Anche il centrodestra non vota la fiducia: dimissioni Draghi inevitabili

Invece, al termine di una giornata convulsa e a tratti surreale, la frattura non si è ricomposta. Anzi, un altro pezzo della maggioranza politica che fino a ieri aveva sostenuto il governo si è sfilata e ha fatto crollare tutto. Lo ha fatto nonostante in quegli appelli della società civile fossero presenti centinaia di sindaci e amministratori locali appartenenti agli stessi partiti, ma questo non dovrebbe stupire poi molto nei tempi politicamente confusi (e impazziti?) di oggi. D’altra parte, la strada maestra che i cittadini hanno per far sentire la loro voce è quella delle elezioni, e questo Parlamento che ha sfiduciato Mario Draghi è figlio della tornata elettorale che ha visto dare il maggior sostegno di sempre alle forze cosiddette populiste. È giusto fare appelli e spendersi “dal basso” per far sentire la propria voce, ma la propria voce, i cittadini, la fanno sentire soprattutto nel momento in cui esprimono il voto. E questo parlamento è figlio di un voto libero e democratico, per fortuna!
Guardando indietro a ormai più di 4 anni fa, dunque, la conclusione dell’avventura del governo Draghi non dovrebbe stupire più di tanto e, se la politica fosse una scienza un minimo meno imprevedibile, andrebbe ricordata nel momento in cui si tornerà a votare, perché se dopo tanto spendersi da parte di tantissimi per dichiarare il proprio supporto si torna come se nulla fosse nei ranghi di quelle realtà che il supporto lo hanno concretamente distrutto… forse si può capire dove sia l’origine di tutte le schizofrenie politiche.

Scioglimento delle Camere e nuove elezioni in autunno

Concretamente, ora, dopo le dimissioni di Draghi, stavolta accettate da Mattarella, la crisi di governo si è ufficialmente aperta. Il Quirinale ha comunicato che l’attuale governo resterà in carica per “il disbrigo degli affari correnti”, una formula utilizzata in queste occasioni che non ha dei confini precisi, ma che indica come le attività del governo dimissionario, in attesa che se ne formi uno nuovo, si dovrebbero limitare a portare avanti le iniziative già in corso e a sbrigare la “normale amministrazione”, senza approvare nuovi decreti, riforme o nomine, salvo casi di comprovata emergenza.
I successivi passaggi formali della crisi hanno visto i colloqui del Presidente della Repubblica con i Presidenti di Senato e Camera e lo sciogliemnto delle Camere. In tempi brevi è già stata anche comunicata la data delle nuove elezioni: il 25 settembre, anche se è il giorno del capodanno ebraico e in un primo momento sembrava questo potesse portare a scegliere il 2 ottobre come data del voto. Invece la volontà di Mattarella di anticipare il più possibile i tempi ha portato a ufficializzare il 25 settembre. Sarà la prima volta nella storia della Repubblica Italiana in cui si vota nella seconda parte dell’anno (periodo più complicato, in quanto entro dicembre bisogna approvare la Legge di Bilancio) e non all’interno dei primi 6 mesi.