Inghilterra: due anni per adottare un bimbo bianco, tre per uno di colore

BG isabelle
Isabelle e Nathaniel

Questa è l’incredibile storia di Isabelle, una donna inglese a cui destino ha riservato prima la sofferenza di essere abbandonata alla nascita dalla madre in Sri Lanka (una ragazza di 16 anni, rimasta incinta dopo uno stupro), ma poi l’enorme felicità di rinascere figlia e di essere adottata, ancora piccolissima, da una famiglia britannica. Ha avuto un’infanzia serena, cresciuta con amore insieme ai due figli naturali della coppia, nella verdeggiante periferia di Loughborough.

Diventata una giovane donna di 23 anni, prende piena consapevolezza del dono dell’adozione, e, convinta che senza quel regalo della vita non sarebbe mai diventata la persona che era, decide di intraprendere lo stesso percorso dei suoi genitori adottivi e di salvare la vita di un bambino abbandonato.

Inizia a spendersi per l’abbandono minorile e parte per l’Uganda a fare volontariato in un orfanotrofio dove, nel 2006, incontra Nathaniel, un piccolino in condizioni fisiche spaventose che era stato gettato in un fossato a 18 mesi per poi essere portato in quella struttura. “Era malnutrito, soffriva di malaria e rachitismo, era ricoperto di cicatrici dovute alle botte prese e aveva una cataratta all’occhio sinistro. Non penso che sarebbe sopravvissuto se fosse rimasto in Uganda come bambino di strada.”, ricorda.

Isabelle si promette di salvare Nathaniel dalla vita di povertà e di dolore che il destino gli aveva riservato. E decide di adottarlo.

Non aveva però fatto i conti con la burocrazia del processo di adozione nel Regno Unito e del pregiudizio culturale sull’inserimento di un bambino in una famiglia di diversa etnia. Isabelle scopre che, rispetto ai tempi in cui era stata adottata lei, le autorità per le adozioni sono diventate molto rigide sul criterio di “compatibilità” e di abbinamento fra bambini e aspiranti genitori adottivi.

“Mi chiedevano come avrei potuto prendermi cura di lui, dei suoi capelli che non sapevo come trattare e della sua pelle che era così diversa dalla mia!Mi chiedevano come avrei potuto nutrirlo visto che aveva dei bisogni nutrizionali e una tradizione alimentare diversa. Io non penso che Nathaniel si sarebbe lamentato di non avere del cibo tradizionale ugandese perché per lui qualsiasi cibo rappresentava un lusso!”, racconta Isabelle.

Isabelle ha lottato 5 lunghi anni per adottare Nathaniel, si è anche trasferita in Uganda per un certo periodo, visto che le autorità ugandesi permettevano l’adozione solo a chi avesse avuto la residenza da almeno tre anni nel paese.

Alla fine è riuscita a portare Nathaniel, che ha ora sette anni, a vivere con lei a Loughborough. E’ stato poco prima del Natale 2009, un anno indimenticabile in cui il piccolo ha potuto vedere la neve per la prima volta e assaporare la gioia di una vera festa natalizia con le sue luci e una famiglia.

Il legame tra un figlio e una madre è un filo che lega un cuore ad un altro cuore. E i corpi in cui albergano sono solo degli involucri, le cui forme e i cui colori sono solo dettagli.

In Gran Bretagna, invece, pare non essere così. Ci vogliono circa due anni per adottare un bimbo “bianco” mentre e almeno un anno in più per adottarne uno di etnia diversa. Un anno di sofferenza in più, e un anno di amore in meno …

 

Fonte: vita da mamma