“La legge di natura deve valere sempre”

coppia acidoChi invoca la legge di natura per il caso della mamma dell’acido, non la scordi se si parla di utero in affitto e di manipolazioni genetiche. Il giornalista Massimo Gandolfini propone su “Avvenire” del 19 agosto un interessante commento che mette a confronto le due diverse situazioni. Di seguito riportiamo integralmente il suo articolo.

 

“Esistono ragioni per togliere ad una madre il diritto di abbracciare la propria creatura dopo averla messa al mondo?… Esiste una Legge più forte della Legge della natura?” Così inizia un articolo pubblicato su Repubblica il 17 agosto 2015, a commento della sentenza della Giudica di Milano che ha deciso di togliere il figlio neonato ai genitori biologici, Martina e Alexander, considerati pericolosi per l’incolumità del bimbo stesso. Una sentenza di gravità estrema sulla quale si stanno scrivendo fiumi di inchiostro e inanellando pareri opposti. Credo si debba innanzitutto affermare che la giudice che si è presa questa grande responsabilità avrà avuto – atti processuali in mano – le sue buone e valide ragioni. Non sono certo decisioni che si prendono a cuor leggero, come purtroppo invece accade quando a essere sotto giudizio non è una coppia con un bimbo con nome e cognome, ma un numero enorme di coppie e di bimbi che, apparendo come una massa di presenze indefinite, diviene oggetto di superficiali (e ideologiche) sentenze. Mi riferisco, molto concretamente, non solo all’incivile pratica dell’utero in affitto, meschinamente travestita da “gestazione per altri”, ma a tutte quelle manipolazioni della vita nascente che vengono affrontate non nella prospettiva del “supremo interesse” del bimbo, bensì del “supremo incoercibile diritto” dell’adulto. Stante una simile premessa, va da sé  che il prodotto del concepimento può essere gettato via, tanto quanto può essere strappato dalla madre che lo ha portato in grembo – venduto spesso per disperazione – per nove mesi e messo nelle mani di chi, volendo a tutti i costi un figlio, non esita a piegare la natura stessa ai propri progetti, a suon di dollari o euro.

Oggi tutti – chi più chi meno – ci sentiamo lacerare un pezzetto di cuore pensando a un bimbo che viene tolto dalle braccia materne, e solo il pensiero che è in  gioco la incolumità di una vita fragile e innocente viene a lenire, almeno un poco, sconcerto e dolore. Ma non tutto è così risolto. Gli scienziati in questi giorni ci dicono che fra mamma e bimbo, durante nove mesi, si instaura un rapporto strettissimo – biologico, fisico, psichico, emotivo – che rende quella sentenza non priva di rischi per il piccolo. Gli antropologi ci insegnano che la triade genitoriale – mamma, papà, bimbo – non è plastilina che si può modellare a piacimento, secondo convenienza o capriccio. Tutte affermazioni più che rigorose e condivisibili che oggi – di fronte a questo fatto di cronaca – non ci lasciano tranquilli, tanto da suscitare la domanda d’inizio: “Esiste una Legge più forte della Legge della natura?” E’ quanto mai interessante che si senta la necessità di riaprire il dibattito sulla “natura” che caratterizza l’umano. Ci stavamo abituando – forse – al mantra del politicamente corretto, per cui la natura ha valore marginale, ininfluente, secondario, fino a spingere i soliti “soloni” a dichiarare con saccenza che “la natura in sé non esiste”, in quanto ciò che conta è solo il libero arbitrio di scelta.

Questa di Milano è certamente una brutta e complicata storia, che tutti ci auguriamo possa finire con il raggiungimento di un vero bene collettivo: bimbo, genitori, parenti, comunità civile. Ma tentiamo di fare uno sforzo, anche questo collettivo, che frutti un po’ di bene anche alla nostra società: proviamo a utilizzare le stesse categorie di valutazione e di giudizio quando affrontiamo il tema della liceità – morale, civile e giuridica – dell’utero in affitto, della compravendita di gameti, delle manipolazioni più fantasiose e aberranti della genitorialità.

Quando un principio è buono, è buono sempre e il principio del supremo interesse del bimbo, della sua salute, del suo maggior bene e vantaggio non si può sacrificare sull’altare del diritto dell’adulto di turno, chiunque egli sia.