Mediterraneo. L’ennesima tragedia: 239 migranti morti, almeno 6 i bambini. Simbolo dell’“emergenza del secolo” è la mamma disperata che ha perso sua figlia di 2 anni tra le onde

migranti-naufragio-barcone-in-libia-la-sequenza-675Una mamma che mostra la foto di sua figlia, in genere, lo fa con la gioia e l’orgoglio di condividere la bellezza della sua bambina. Ma non a Lampedusa. Non tra le donne  sopravvissute all’ennesimo naufragio, il cui sospiro di sollievo per essersela cavata viene strozzato in gola dal dolore di aver perso la persona più cara. Così fa una donna africana appena giunta sull’isola: “Ci ha fatto vedere la foto della figlia – racconta Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa -: era una mamma davvero inconsolabile. Abbiamo cercato di confortarla, ma una mamma che perde una bambina non è facile da consolare. Dobbiamo pensare che sono persone con i nostri stessi sentimenti, non alieni”. Il racconto di quella donna si unisce a quello degli altri 28 sopravvissuti all’ultima tragedia del Mediterraneo e portati in salvo nel pomeriggio di mercoledì 2 novembre. Secondo le loro testimonianze, confermate dalla portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati Carlotta Sami, sarebbero 239 i dispersi ritenuti ormai morti in due diversi naufragi. Tra loro ci sarebbero almeno 18 donne e 6 bambini. Vittime che vanno a ingigantire ancora di più il numero delle persone che hanno perso la vita nel 2016 nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare dal Nord Africa: 4.220, per quella che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito “l’emergenza umanitaria di questo inizio secolo”.

I migranti salvati – tutti ancora sotto shock, 3 dei quali in cura in ospedale e uno in gravi condizioni – raccontano scene strazianti e testimoniano l’atrocità dei trafficanti di esseri umani. Una delle due donne sopravvissute, uniche superstiti di un barcone su cui viaggiavano 139 migranti, riferisce anche delle violenze subite dagli scafisti. I quali, per convincere le persone a salire sui barconi, non hanno esitato a sparare e a uccidere un uomo. Prima di lasciare le imbarcazioni stracariche di esseri umani in balìa del mare forza 4, ignorando le suppliche di chi temeva i pericoli della traversata.

“Hanno raccontato che sono stati molte ore in mare nella speranza che qualcuno li andasse a salvare – dice ancora il dottor Bartolo -. Ma quando sono arrivati i soccorritori per la maggior parte di loro non c’è stato nulla da fare.

Ad ascoltare i loro racconti è arrivato anche il sindaco Giusi Nicolini, rimasta evidentemente turbata dalle testimonianze dei superstiti: “Quando i gommoni, pieni all’inverosimile e allagati, hanno ceduto, sono tutti finiti in acqua – riporta il primo cittadino di Lampedusa – e i poverini hanno tentato di aggrapparsi a qualunque cosa, persino ai morti, pur di non affondare”.

Nel frattempo emerge un’altra drammatica storia di speranza colata a picco nel mare. Nell’elenco delle vittime dei naufragi di fine ottobre, c’è anche un nome noto nel mondo dello sport giovanile. Quello di Fatim Jawara, 19enne, portiere della nazionale femminile del Gambia. A 17 anni partecipò alla Coppa del Mondo in Azerbaijan, difendendo la porta della sua  squadra. Ma nessuno ha difeso lei nel viaggio verso una  nuova vita in Europa. Il suo ultimo post su Facebook è del 18 luglio. Poi probabilmente si è dedicata a organizzare quel viaggio lungo e rischioso in cui ha trovato la morte. Di lei oggi rimane solo la foto di una ragazza magra e sorridente e il suo nome nell’elenco delle vittime dei viaggi della speranza.

Fatim era poco più grande di migliaia di giovanissimi migranti che sbarcano sulle nostre coste dopo aver affrontato da soli un’estenuante odissea. Sono oltre 20mila i minori stranieri non accompagnati giunti in Italia nel 2016, ma anche 5mila quelli che hanno fatto perdere le proprie tracce nel 2015, finendo probabilmente nel tunnel dell’illegalità e dello sfruttamento. Per prevenire questo tragico destino, è necessario incoraggiare l’unica forma di accoglienza davvero a misura di minore: quella in affido famigliare. Un’accoglienza giusta promossa da Amici dei Bambini fin dal 2013 con la sua campagna Bambini in Alto Mare e ora finalmente condivisa anche dalle istituzioni che stanno approvando la proposta di legge della deputata Sandra Zampa che prevede una via prioritaria all’affido famigliare rispetto al collocamento in strutture di assistenza per i minori stranieri non accompagnati.

 

Fonti: Avvenire, Corriere della Sera, Corriere Quotidiano