Minori fuori famiglia. Fulvi (CNCM): “Avvenire sbaglia, i dati ci sono”. La replica: “Sono solo stime”

Botta e risposta sul quotidiano con il giornalista Luciano Moia. “La stessa Garante per l’infanzia ha fatto presente l’impossibilità di avere dati aggiornati e precisi”

Botta e risposta sul quotidiano Avvenire tra il presidente del CNCM – Coordinamento nazionale delle Comunità per i minorenni, Giovanni Fulvi, e il giornalista Luciano Moia. Tema del contendere è l’entità del fenomeno dei minori fuori famiglia in Italia. Secondo Fulvi, infatti, il quotidiano sbaglierebbe a sostenere che non esista un numero preciso di questi bambini. “Va smentito il fatto – scrive Fulvi – che non esistono dati su quanti sono i minorenni fuori famiglia: le Regioni, faticosamente, è vero, raccolgono i dati sui minorenni in affidamento, che sono circa 15mila, di cui più della metà sono affidati a parenti, quindi permangono, come loro diritto, nell’ambito della famiglia di origine. Più precisa la raccolta dei dati dei minorenni in comunità, in quanto queste sono obbligate a inviare semestralmente alle Procure Minorili una scheda per ogni minorenne ospite, in cui vengono riportati diversi dati”.

“L’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza – prosegue il presidente del CNCM – in accordo con le Procure minorili di tutta Italia, ha iniziato dal 2014 a pubblicare report sui minorenni accolti nelle comunità, proprio elaborando i dati inviati alle Procure Minorili. I report sono sul sito dell’Agia, a disposizione. Ci sono circa 3.300 comunità con una media di circa 7 minorenni ospitati per un totale di circa 21mila minorenni, di cui circa 7mila minori stranieri non accompagnati (Msna). Sono dati che permettono di avere un quadro chiaro sul mondo dell’accoglienza dei minorenni. Adottabili sono pochissimi e sono molti quelli che rientrano in famiglia. Altra immagine che ritengo infelice è quella sui minorenni ‘parcheggiati’ nelle comunità. Forse sarebbe opportuno non generalizzare”.

Minori fuori famiglia e dati: la replica di Luciano Moia

“Sappiamo certamente – ha replicato Moia – che nel 2019 la stessa Garante per l’infanzia ha presentato un dossier con alcuni dati relativi ai minori in comunità. E che da quel lavoro risultavano presenti nelle circa 3mila comunità italiane (i numeri si riferiscono al 2016–2017) 13.358 minori stranieri e 16.210 italiani. Ma la stessa Garante ha fatto presente l’impossibilità di avere dati aggiornati e precisi perché le “Linee di indirizzo per l’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni” non stabiliscono le stesse categorie per la definizione delle comunità sul territorio nazionale. Ogni Regione insomma fa da sé. E ‘tale criticità – scriveva nel dossier Filomena Albano – si riversa inevitabilmente sulla raccolta dei dati, stante la difficoltà, per le Procure presso i Tribunali per i minorenni, di reperire dettagliate informazioni in ordine alla tipologia di struttura nella quale il minorenne è inserito’. Quindi, più che dati, stime. Conosciamo anche il motivo. Nel nostro Paese non esiste un registro nazionale dei minori in comunità. Il ‘Sistema informativo nazionale sui bambini e gli adolescenti’ (Sinba) – è sempre l’Autorità garante a sottolinearlo – è, a tutt’oggi, ancora in fase di sperimentazione. Non si tratta soltanto di conoscere il numero totale dei bambini in comunità. Quanti sono quelli che, dopo essere stati allontanati per un provvedimento giudiziario, magari rivelatosi inadeguato, tornano alle loro famiglie? Per quanti si apre la strada del decreto adottivo? Non lo sappiamo. Ma se non c’è uniformità nella definizione delle varie comunità, non c’è neppure nelle tariffe che Comuni e Regioni versano per ogni bambino ospitato. Anche questa è una babele. Sappiamo che si va dal 50 ai 400 euro al giorno sulla base di variabili che neppure il Ministero conosce nel dettaglio, se lo scorso luglio è stata votata la legge che, su proposta di Stefania Ascari (M5S), componente della Commissione giustizia della Camera, avvia una nuova inchiesta parlamentare sulle comunità d’accoglienza per minori e sul mondo che gira intorno a questa emergenza. Speriamo che sia la volta buona per fare un po’ di chiarezza. Lo dobbiamo ai bambini e alle loro famiglie. Ma anche a tutti coloro che – certamente come la maggior parte delle vostre comunità – lavorano con onestà e competenza per alleviare quelle sofferenze”.