Perché i bambini devono farsi carico degli errori dei loro genitori?

Ho letto l’articolo che affronta il dramma dei genitori che cercano i figli che non vedono più da anni. Al signor Luca, che temo non leggerà la mia risposta, vorrei dire che già nella sua stessa affermazione “o perché giudicati da assistenti sociali e giudici ” c’è sufficiente possibilità di tale ingiustizia da legittimare pienamente la ricerca di un figlio naturale da parte dei genitori. Una parte dei bimbi dati in adozione sono allontanati dalle famiglie di origine contro la volontà dei genitori.

E non si venga neppure a tentare di sostenere che “senz’altro vi erano motivi gravissimi”, giacché, può agevolmente cercare i dati ufficiali, questi gravi casi si aggirano intorno al 5% degli allontanamenti, mentre nella stragrande maggioranza (anche 70%) l’allontanamento è disposto su base di giudizi sulle persone, non su fatti concreti.

Quando il minore è piccino il passaggio dall’allontanamento all’adozione diventa una ipotesi (tristemente) percorribile.

Egr Sig Luca, persino lei nel testo del suo intervento, per come riportato, parla di giudizi sui genitori. E non di giudizi sulle azioni messe in atto da tali genitori. Le è sfuggito questo piccolo particolare?

Marco

 

riccardiCaro signor Marco,

Lei propone una questione che difficilmente potrà trovare una risposta “scientificamente esatta”.

Credo che la preoccupazione del signor Luca sia assolutamente comprensibile: quale sano genitore non si farebbe prendere dall’ansia nella possibilità che il proprio figlio possa incontrare momenti difficili dopo aver conquistato un po’ di serenità?

Ha perfettamente ragione quando sostiene che la maggior parte dei bambini sono allontanati dalle famiglie d’origine senza che queste siano d’accordo, ma immagino che sia anche consapevole del fatto che difficilmente le famiglie in difficoltà riescono a percepire la gravità delle loro situazioni e quindi i pericoli che fanno correre ai loro figli.

Siamo convinti tutti che ad ogni genitore sia dovuta la possibilità di superare i propri problemi e per questo gridiamo allo scandalo per il fatto che molte, troppe, di queste famiglie non ricevono i giusti sostegni: come si può pensare che un adulto in difficoltà riesca da solo a farcela se è arrivato al punto di non potersi prendere cura dei propri figli?

Ma la domanda che le pongo è semplice. Per quanto tempo è giusto per un bambino (e opportuno per il suo benessere psico-fisico) aspettare che la sua mamma torni ad essere una vera mamma? Per quanto tempo un bambino può mantenere viva la speranza di normalità vivendo appeso al filo dell’incertezza?

Non si tratta di puntare il dito sugli allontanamenti facili, si tratta di chiedere a gran voce che venga applicato fino in fondo l’istituto dell’affido familiare lavorando per e con la famiglia d’origine in modo da arrivare nel più breve tempo possibile a ridefinire lo stato di figlio del bambino allontanato con il rientro in famiglia o l’adozione.

Lei sostiene che “quando il minore è piccino il passaggio dall’allontanamento all’adozione diventa una ipotesi (tristemente) percorribile”. Mi sembra che proprio quando il bambino è piccolissimo si renda necessario accelerare i tempi per contenere gli effetti dannosi dell’abbandono perché possa avere uno sviluppo emotivo più sereno possibile.

Poi quando sarà grande deciderà se ricercare o meno i suoi genitori biologici…

Un cordiale saluto,

Cristina Riccardi

Membro del Consiglio direttivo di Ai.Bi. e referente politico del settore Affido