Smettetela di aiutare genitori biologici a cercare figli che anni prima hanno abbandonato!

chi-lha-visto 350Perché aiutare genitori biologici a ricercare figli che hanno abbandonato? Un papà adottivo scrive alla trasmissione “Chi l’ha visto”, preoccupato per l‘impatto che questo tipo di inchieste può avere nell’equilibrio faticosamente raggiunto da ragazzi come sua figlia.

«Sono il papà di una meravigliosa ragazzina di 13 anni che da ormai 9 è mia figlia, anzi, probabilmente lo è sempre stata ancor prima del suo concepimento, ancor prima che una donna e un uomo (per lei oggi estranei) si incontrassero e operassero affinché nascesse questa vita che oggi è la vita mia, la vita di mia moglie e dell’intera famiglia: nostra figlia!».

Alla redazione della trasmissione di Rai 3 questo papà aggiunge: «Non riesco a concepire che una trasmissione come la vostra che ho sempre apprezzato e stimato, abbia iniziato questa battaglia assurda che vi vede schierati, senza alcuna giustificazione, dalla parte di genitori che cercano oggi quei figli che hanno messo al mondo e che hanno abbandonato o per scelta o perché giudicati da assistenti sociali e giudici non idonei a farli crescere. A distanza di anni, queste persone pretendono di irrompere nella vita dei nostri figli, senza considerare gli effetti devastanti» di queste azioni sulla loro stabilità psicofisica.

Nella sua lettera accorata il signor Luca (questo è il nome del telespettatore) sottolinea un distinguo doveroso, nel caso in cui siano i figli adottivi a ricercare le proprie origini. Infatti scrive: «Pieno appoggio nel momento in cui la trasmissione dà voce a figli adottati che sono alla ricerca dei propri genitori naturali. Cercare di rimettere a posto quella parte della loro vita è un loro pieno diritto».
Un evento messo in conto da lui come da tutte le famiglie adottive. Tanto che egli precisa: «Mia moglie, io e con noi tutte le famiglie che hanno vissuto la stessa esperienza straordinaria saremo felici di accompagnare i nostri figli in questo percorso quando ne sentiranno il bisogno e saremo lì, come sempre,a curare le ferite. Per ora, come abbiamo sempre detto a nostra figlia, teniamo il Suo passato e le persone che ne sono state protagoniste lì racchiuse e protette in un angolino del cuore». Il signor Luca conclude con l’auspicio che «anche i protagonisti di quel passato e chi dà loro voce capisca che questi figli che tanto hanno sofferto e non meritano di subire ancora altro male».

Non fa una piega il discorso di questo genitore adottivo, che si può solo integrare in un aspetto fondamentale. Anche il diritto dei figli adottivi a conoscere il proprio passato non è automatico. Si acquisisce non con la maggiore età, ma a 25 anni. E’ solo allora che un giovane adulto può presentarsi al Tribunale per i Minorenni e chiedere la documentazione della sua adozione. Sarà prima il giudice in Italia e poi il collega del Paese d’origine a valutare motivazione e maturità del richiedente ed eventualmente concedere tale permesso. Ma ogni caso è diverso dall’altro: quello che si può ribadire è che per i ragazzi e le loro famiglie è importante che questo passo venga fatto non in solitudine, ma di comune accordo con i genitori adottivi.