“Questo è il Figlio mio” : un momento così vorremmo fissarlo per sempre per farlo diventare una eternità

gesù mosè eliaIn occasione della seconda domenica del tempo di Quaresima, la riflessione di don Maurizio Chiodi, assistente spirituale nazionale di Ai.Bi. Amici dei Bambini e de La Pietra Scartata, trae spunto dal libro della Genesi (Gn 15,5-12.17-18), dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 3,17-4,1) e dal brano del Vangelo di Luca (Lc 9,28b-36) in cui l’evangelista descrive il momento della Trasfigurazione di Gesù.

 

Le tre letture di questa Parola, oggi, formano tra loro una ‘catena’ molto bella.

 

La prima lettura, dalla Genesi, racconta un evento famoso e affascinante.

Dio aveva (già) ‘strappato’ Abram dalla sua terra, promettendogli una discendenza numerosa, e Abram aveva lasciato tutto per lui, iniziando un lungo cammino, ubbidendo alla Parola. Finché un giorno Abram si era quasi ‘lamentato’ con il Signore: non aveva ancora un erede!

E’ allora che Dio, in piena notte, gli dice: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle… Tale sarà la tua discendenza».

È una promessa bellissima. Dio chiede ad Abram di guardare il buio della notte, un buio lacerato dalla luce profonda delle stelle. Più è buio e più le vedi. E più guardi il buio e più ne vedi!

Questa è la promessa di Dio.

Anche nei momenti più difficili, più neri e bui della nostra vita, Dio ci chiede di saper scorgere la luce della sua promessa fedele.

 

Alla promessa del figlio, Dio aggiunge per Abram la promessa di una terra da abitare. E accompagna questa promessa, che è apparentemente anch’essa contro ogni evidenza, con un rito di alleanza.

 

Alla sera, al tramonto, «un torpore cadde su Abram». Ricorda il torpore di Adam e anche il ‘sonno’ nel Vangelo di Pietro, Giacomo, Giovanni. È il sonno’ che accompagna la rivelazione di Dio, che eccede ogni nostra possibilità.

Insieme al torpore, cade su Abram anche «terrore e grande oscurità». È come se Abram percepisse, in quell’istante, tutta la sua piccolezza, la sproporzione tra sé e Dio.

Poco dopo, una fiamma di fuoco attraversa gli animali che aveva offerto al Signore, come un sacrificio, un dono a lui gradito.

 

«Il Signore concluse quest’alleanza» … Il fuoco di Dio che consuma l’offerta di Abram, passando in mezzo a ‘due parti’ è un rito di comunione, di condivisione, di alleanza.

Il Signore non abbandonerà più Abram! Sarà suo alleato, per sempre.

 

Il racconto del Vangelo dice il compimento di questa alleanza.

Insieme con Gesù, sul monte, con i suoi discepoli, ci sono Mosè, che è la Legge, e Elia, che è il primo tra i profeti. Tutta la storia prima di Gesù è convocata alla sua presenza.

Gesù con loro parla del suo «esodo», espressione bellissima per dire la sua Pasqua. Esodo ricorda tutta la storia di Israele, con la uscita dalla schiavitù dell’Egitto ad opera di Dio!

Così la Pasqua di Gesù è la definitiva liberazione per tutti noi, dall’angoscia e dalla schiavitù della morte.

 

Così, mentre i tre discepoli sono «oppressi dal sonno, al risveglio vedono la sua gloria sfolgorante, la sua bellezza, che è la luce, la gioia, la pace, la comunione, l’alleanza con Dio.

È talmente bello quel momento che vorrebbero ‘fissarlo’ per sempre. Vorrebbero che diventasse un’eternità.

E così sarà.

 

Poi, nella nube che li avvolge, odono la voce del Padre, che proclama ‘chi’ è quell’uomo sul monte, che parla con Mosè ed Elia.

È ‘l’eletto’, l’amato, il Figlio.

Poi tutto scompare. La luce, la nube, la voce, la gioia.

Torneranno a valle, i discepoli, per riprendere il cammino, custodendo nella memoria la bellezza di Dio gustata sul monte.

 

Anche nel cammino della nostra vita, come dice la seconda lettura, noi gustiamo fin d’ora, pur nella fatica, nell’oscurità, nella prova, a volte nell’angoscia del cammino, che il Signore chiama anche noi atrasfigurare’ «il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso», per godere la pienezza della pace, dell’alleanza, della comunione tra noi e Lui.

 

Questa speranza è la luce e la forza del nostro cammino, fin d’ora!