Racconta la tua adozione: «…alla fine ce l’abbiamo fatta!»

Tra i dibattiti aperti sul Forum di Ai.Bi. c’è una sezione, aperta dagli utenti, dove le coppie possono condividere l’esperienza delle loro storie di adozione. «Tanta gente in procinto di adottare può trovare certezze, spazzare via dubbi, confrontarsi con storie diverse ma accomunate dall’amore per i nostri figli».

Pubblichiamo la prima a storia, scritta da un papà adottivo.

1. Tutto inizia nel novembre di tanti anni fa. Con mia moglie otteniamo il fatidico decreto dal Tribunale. Consultiamo vari enti, costi, valutiamo l’aspetto morale di queste persone che, dietro la denominazione “ONLUS”, ci devono accompagnare al completamento della nostra vita.
Diamo mandato per la Russia, alcune settimane dopo conosciamo una persona che si occupa di accoglienza di bimbi Ucraini, per progetti di accoglienza. Ci propone di ospitare una bambina per il periodo natalizio. Con mia moglie siamo titubanti, ma accettiamo, dicendoci: «Dai, facciamo passare un natale sereno ad una bambina, proviamo ad essere genitori per un mese», ma senza aspettative di adozione. Finalmente, arriva il fatidico giorno 16/12/2003.

All’aeroporto arrivano 40 «cuccioli» dai 6 anni ai 12, tutti impauriti, magri, affamati, vestiti con i colori più strani. La referente inizia a chiamare le famiglie per affidare il bambino assegnato: nella confusione mi defilo. Arriva il nostro turno, mia moglie viene chiamata, le presentano la bambina: uno scricciolo di 6 anni e 4 mesi; magra, sfiorita, con le occhiaie, ma con un’incredibile voglia d’amore. La piccola si attacca a mia moglie chiamandola «mama». Una tata ucraina le dice che la bimba deve fare immediatamente pipì. Entrano in bagno abbracciate, riescono dopo alcuni minuti sempre abbracciati. Mia moglie mi dice che non le si è staccata un attimo dal collo, le ha accarezzato la faccia tutto il tempo, chiamandola continuamente «mama».

Entriamo in macchina, lungo il tragitto dall’aeroporto a casa con mia moglie spiamo questa piccola creatura – che fino a 10 minuti prima sconosceva la nostra esistenza – giocare serena con l’orsacchiotto che le avevamo portato in regalo. Arrivati a casa la prima cosa che facciamo è salire da «BABUSHKA» e «DJEDUSHKA» (nonna e nonno), Vi lascio immaginare le lacrime di tutti. Finalmente chiudiamo la porta di casa nostra, la piccola sembra molto sporca, mia moglie le prepara un bagno caldo con tanta schiuma e paperette.

Sembra rifiorire. La sua pelle bianca, i capelli che riprendono vigore di un colore meraviglioso tra il biondo e il castano… Poi una mega-tazza di latte, con tanto cacao, e a letto nella sua calda stanzetta. Dopo 2 soli minuti dormiva.

2. Il mese scorre velocemente. Lei ci sconvolge, cambia la nostra vita, noi tre diventiamo una cosa sola! Arriva il giorno della partenza per l’Ucraina, che non dimenticherò mai. Lei, dopo un mese, capiva poche parole di italiano, ci vede preparare la valigia con il cuore in lacrime. Arrivati all’aeroporto si crea un tale caos di bimbi che piangevano, mamme e papà distrutti: ci sentivamo lacerati, ci stavano portando via il cuore! Tornati a casa, io e mia moglie ci sediamo sul divano, con le lacrime che scorrevano veloci. L’indomani, dopo una notte insonne, chiediamo alla referente dell’ente di ospitalità, le condizioni di adottabilità della nostra bimba. Lei, con non poche difficoltà, ci fa sapere che «potrebbe essere adottabile». A questo punto, rivolgiamo tutte le nostre energie su di lei. Proviamo a portarla per sempre da noi.

Ma scopriamo che l’ente, che detiene il nostro mandato per la Russia, non è accreditato per l’Ucraina. Ma grazie al Presidente della Onlus e alla CAI, ci permettono di inviare il nostro mandato a un Ente che avesse l’accredito in Ucraina.  Con l’ente di accoglienza si organizza un viaggio umanitario in Ucraina, per passare la Pasqua con i bimbi.

Ma ci aspettano 4 giorni di lacrime: arrivati in Istituto, dopo 4 ore di aereo e 500km di bus, la piccola ci rifiuta categoricamente! Non si staccava dalle tate, ci guardava con occhi di sfida, faceva i capricci. Vi lascio immaginare il nostro stato d’animo. Mia moglie passava ore a piangere, a chiedersi cosa fosse successo, perché ci rifiutava… La bimba era l’unica che non stava mai con noi: voleva stare in Istituto.

Distrutti, senza più stimoli, ci trascinavamo per l’Istituto. L’ultimo giorno, la Direttrice dice alla piccola (finalmente) che deve venire in albergo con noi. Lei, con qualche capriccio, accetta. Chiusi nei 20 mq di stanza, dopo la solita doccia, la bimba torna ad essere quella che era in Italia: affettuosa, sorridente, giocosa… Con mia moglie, l’unica risposta che ci diamo è: «Si sarà sentita abbandonata di nuovo».

3. Torniamo in Italia, lasciando il cuore in Ucraina. Torna l’estate, e i bimbi fanno ritorno in Italia per quasi due mesi. Il nostro rapporto si fonde definitivamente. In questi due mesi, la nostra bimba impara quasi perfettamente l’italiano. Riusciamo a farle capire che stiamo preparando tutti i documenti per portarla definitivamente in Italia: lei capisce un po’ meglio la situazione ma, alla sua partenza, siamo totalmente distrutti. L’ente che seguiva la pratica adottiva non sapeva fornirci scadenze certe per l’abbinamento mirato che avevamo richiesto. Ogni giorno ci sembrava un’eternità. Smuovo mari e monti per cercare qualunque aggancio, per accelerare questa partenza ma niente! Dopo 10 giorni – ricordo perfettamente quella data – mi squilla il cellulare.

«Pronto», rispondo. Dall’altra parte una voce mi dice: «Siete pronti per partire per Kiev???». «Cooosaaaaa!?», rispondo. Mi viene detto: «Il 24 dovete essere a Kiev…». Corro con le lacrime agli occhi da mia moglie, la faccio sedere, le dico di preparare tutto: andiamo a prendere la nostra «VITA»… Arrivati a casa, chiamiamo in Istituto per riferire tutto al nostro Amore.

Ma una notizia ci sconvolge: il nostro cucciolo aveva compiuto da poco 7 anni ed era stata spostata in un altro Istituto. Nessuno sapeva dirci quale, dove, numero di telefono. MA TUTTO AVEVA UNA RISPOSTA: LA DIRETTRICE DELL’ISTITUTO, IN COMBUTTA con la referente Italiana dello scorso ente di accoglienza, voleva che oliassimo le loro mani!!! Ma non mi arrendo, affronto a muso duro la referente, MINACCIANDOLA. Sì, leggete bene, la minaccio fisicamente, che non doveva permettersi di intralciare la nostra adozione, la lascio dicendole: «Se entro domani non mi chiami per comunicarmi dove si trova mia figlia, TI APRO IN DUE».

L’indomani mattina mi chiama, dandomi numero di telefono, cittadina dell’Istituto. (Le buone maniere ripagano sempre). Finalmente si parte. Arriviamo in Istituto dopo kilometri di macchina sotto la neve, ma, alla vista del nostro amore, tutti i sacrifici sono stati ripagati. Partiamo da Kiev, con il nostro piccolo angelo. Oggi, a distanza di anni, non potrei più vivere senza sentire il suo odore ogni giorno della mia vita. Scusate se nel raccontare sarò stato ripetitivo o noioso, ma ho scritto tutto di getto senza pensare o rileggere. Solo chi si avvicina all’adozione può capire l’amore che si prova per i nostri «FIGLI DEL CUORE».