Romania, campagna pro-adozioni: 80mila firme raccolte. Popescu in audizione al Parlamento

Sono state raccolte 85mila firme per la campagna pro-adozioni promossa da un coordinamento di associazioni rumene che ha chiesto al Governo di Bucarest la riapertura delle frontiere per dare una famiglia a migliaia di minori abbandonati. Ne dà notizia l’agenzia rumena Mediafax.

Oggi la presidente dell’associazione capofila del coordinamento, Azota Popescu, è stata convocata in audizione presso la Commissione Diritti Umani del Parlamento rumeno per presentare i risultati della campagna e il testo della petizione per la riapertura delle adozioni internazionali. Obiettivo della mobilitazione, che per tre mesi ha coinvolto le piazze delle principale città rumene, era quello di raccogliere 100mila adesioni per sollecitare le istituzioni a modificare la legge 273/2004 e riaprire così le adozioni internazionali.

Numerose le storie di adolescenti che non hanno avuto la possibilità di diventare figli perché la legge rumena sull’adozione ha eliminato di fatto un’importante possibilità per i minori abbandonati di essere adottati. Ha fatto il giro di tutti i giornali rumeni la storia di Ionut: un ventenne che aveva conosciuto una coppia italiana disposta ad adottarlo prima che il blocco delle adozioni internazionali entrasse in vigore. La sua storia è rimasta in sospeso per anni, le sue possibilità di essere accolto dalla famiglia italiana sono diventate sempre più difficili. Ionut è diventato grande sognando di diventare figlio. Oggi ha quasi vent’anni. Ha partecipato a tutte le conferenze stampa promosse dai promotori della campagna pro-adozioni per far sapere, attraverso la sua storia personale, che il governo rumeno sta violando il diritto alla famiglia di migliaia di orfani e minori abbandonati.

“Quale sarà il futuro di questi bambini? Quale prospettive si aprono a un bimbo che non ha la possibilità di vivere in famiglia, ma viene rimbalzato come un pacco da un istituto a una comunità?” ha commentato Marco Griffini, presidente di Ai.Bi.

La questione non è affatto retorica e, se da un lato è doveroso per le autorità rumene sconfiggere i traffici legati alle adozioni internazionali dall’altro non si può scegliere di combattere il “mercato delle adozioni” chiudendo in toto le frontiere. Per contrastare i traffici si potrebbe seguire l’esempio di Paesi, come Colombia e Brasile, in cui una legislazione attenta ai diritti dei minori e una costante presenza e controllo delle autorità locali hanno permesso di dare una famiglia a migliaia di minori abbandonati. La Romania, invece, continuando a tenere chiuse le frontiere si colloca al di fuori dei Paesi civili, ossia di quegli Stati che non rispettano i diritti dei propri cittadini. In un certo senso potremmo definirli “i nuovi barbari”. ha concluso Griffini.