“Se mi prendi per mano, non sarò mai più una bambina spazzatura: ma…chi mi vorrà adottare?”

joanaSi mangia i capelli, non solo le unghie. Li morde, li strappa a ciocche, e poi li butta. Forse vorrebbe buttare via anche se stessa, come ogni adulto ha fatto con lei. Preferirebbe confondersi con quei mucchi di immondizia dove si rifugia quando nessuno la vede e si mette in bocca tutto quello che trova. Oggetti grossi, a volte taglienti. Quale pozzo senza fondo può essere il cuore di una bambina di 8 anni e mezzo che fa della sua vita spazzatura?

Chi potrebbe insegnarle a volersi un po’ di bene, anziché ferirsi da sola ingerendo pezzi di plastica, avanzi, carta straccia? Chi può amare un bimba così, mostrarsi persino orgoglioso di lei, perché, poco a poco, ritrovi la fiducia che serve ad accettare di essere venuta al mondo?

Questo è un appello per cercare di ribaltare un destino già scritto e senza alcuna speranza di cambiare.

Un appello per toccare il cuore di una mamma e un papà, pronti ad aprire le braccia e a fare di Johana una bambina desiderata, cercata, amata, e non uno scarto non voluto e da buttare.

Proprio in questi giorni di estate e di vacanza, di svago e di famiglie unite, al mare o in montagna, vorremmo che questo dramma potesse trasformarsi in una favola. Con il più semplice lieto fine: trovare la strada di casa.

Ci sono bambini che conoscono solo la faccia brutale della vita. Johana è una di queste. E’ nata il 5 dicembre del 2004 in Colombia. La sua storia comincia in carcere, dove la madre sconta la sua pena per un delitto che la piccola non conosce, ma di cui paga le conseguenze. La mamma soffre di disturbi della personalità e, anche sotto sorveglianza, maltratta la figlia. Dopo quattro anni, Johanna viene portata via dal penitenziario e affidata ai servizi sociali.

“Mamma non mi vuole perché ho una brutta pelle”, dice con le poche parole che ha imparato ad usare per spiegarsi l’inspiegabile per una bimba di 4 anni. “Sono nera, brutta e nera”.

Così diventa una piccola ribelle, non riesce a fare amicizia con nessuno, è sempre più aggressiva con i coetanei. Fa fatica a lavarsi, vestirsi, occuparsi di sé.

Allo psicologo racconta, con grande turbamento, un episodio in cui i due fratelli maggiori di 8 e 9 anni – lei ne aveva 2 – le cambiavano il pannolino. La pulivano e la punivano. Non sembra un abuso sessuale, ma Johana confonde i piani, ricorda anche che la madre le faceva vedere film erotici. Forse sono solo fantasie. Forse è un mezzo estremo e disperato per attirare l’attenzione. Forse è il suo modo per toccare il fondo del disprezzo di sé: disgustare gli altri, con un aspetto brutto e sporco (per questo non si cura), con racconti altrettanto sordidi e ripugnanti, quanto la spazzatura in cui si rifugia e che mangia.

Nel 2012 Johana inizia a ricevere un trattamento psichiatrico e comincia a superare le prime difficoltà. Il pediatra fa una diagnosi di disturbo depressivo e stress post traumatico. Dopo soltanto un anno di cura, sembra già un’altra. Trova un po’ di pace quando viene accolta da una famiglia affidataria e la vita in casa, anziché in comunità, la aiuta moltissimo. Oggi ha quasi smesso di ingerire gli oggetti che trova. Si tormenta ancora i capelli, ma sorride quando qualcuno le prende la mano e, con dolcezza, la allontana dai suoi nodi e i suoi ricci.

Questa è la storia di Johana, fatta di assenze e vuoti da colmare. Se si pensa a quanto ha dovuto affrontare nei suoi nemmeno 9 anni di vita, dimostra una forza e una voglia di farcela enormi per una bambina. Nonostante tutto, riesce a ridere, a correre e, negli occhi persi e nervosi, a volte si accende la curiosità, l’ingenuità, la speranza di un’infanzia mai vissuta davvero e ancora tutta da vivere.

Adottare Johana è molto più di un’emergenza. E’ l’unico, l’ultimo, sogno che resta, l’unica possibilità di salvarle la vita. Non è una bambina “difficile”, solo una bambina respinta, dimenticata, lasciata in balia della paura di restare sola per sempre.

C’è una coppia pronta a prendere Johana per mano e a farla uscire da quel carcere che da troppo tempo è la sua vita? Una mamma che le spazzoli i capelli, piano piano, per farla sentire bella? Un papà che la culli facendola tornare solo una bambina, totalmente indifesa e completamente, finalmente protetta?