Stati Uniti. Con la valigia sempre in mano: otto anni e già cinque affidi sulle spalle

mercy1Era arrivato con il fratellino minore e una valigia sola per entrambi. Trent aveva 8 anni ed era già stato affidato ad altre cinque famiglie. Aveva cercato di convincerli ad adottarlo insieme al fratello, ma nessuna famiglia sembrava pronta a riceverli.

Ma quel giorno il ragazzino era entrato nella casa dei coniugi Taylor, a Wake Forest, un paesino della Carolina del nord, con un sorriso sulla bocca tenendo per mano il suo fratellino Mike.

«Non era un sorriso spontaneo- spiega Trent che oggi ha 12 anni- ma una facciata. Prima che i Taylor mi prendessero in affidamento avevo sempre paura. Infatti credo di non aver mai riso in vita mia».

I suoi genitori biologici li avevano abusati in modo impensabile e i fratelli avevano subito percosse, violenza e avevano sofferto la fame.

«Eppure in quel timido sorriso Trent mi stava dicendo che aveva ancora il desiderio di fidarsi di qualcuno»– ha raccontato Pam Taylor, che dopo mesi di affidamento ha deciso di adottare la coppia di fratellini. «Aveva due occhi così sinceri, così dolci. Mi ricordo di ave chiesto a mio marito come quel bimbo fosse sopravvissuto ad abusi e maltrattamenti da lager».

Trent non aveva disfatto la valigia e riposto nei cassetti le sue poche cose.

Aveva aiutato il fratellino minore a lavarsi le mani e si era rivolto ai Taylor con grande timidezza: «Se vi diamo fastidio, ditelo. Siamo abituati a stare in stanza nostra in silenzio se volete».

Ma quel silenzio non sarebbe durato a lungo: Trent in pochi mesi aveva persino convinto la madre affidataria a fondare una non-profit per aiutare i bambini del foster care. E oggi la Mercy for America’s Children è un’organizzazione che aiuta centinaia di bambini del foster care a trovare famiglie affidatarie. E’ lui, dall’alto dei suoi dodici anni, che trascorre ore con gli altri bimbi, aiutandoli ad avere speranza.

«Voglio usare il mio passato per aiutare quelli che, come me e mio fratello, non hanno nessuno al mondo». Il che significa che ogni mese Trent parla al microfono davanti a più di 200 persone, nelle varie città, durante i fundraising dell’organizzazione, raccontando la sua storia con una serenità da adulto.

A scuola Trent va bene, al pomeriggio sfoga energia e ogni possibile trauma nella palestra di Tai Quan Do. E’ stato lui a convincere suo padre fare jogging ogni mattina e poi a partecipare a varie maratone locali.

«Trent è il nostro portavoce- ha proseguito sua madre -quando abbiamo una famiglia affidataria che attraversa un momento difficile lui va a trovarli, si siede a parlare coi figli, dialoga coi genitori. Spiega loro cosa significa essere stato abusato».

E c’è una luce particolare nei suoi occhi, quella della fede. «Trenton prega come un adulto»– ha spiegato suo padre. Che ha aggiunto: «Gli piace lasciarci dei bigliettini quando esce con gli amici, dei piccoli messaggi nei quali ci ricorda che ci vuol bene e che ci pensa».

Sul frigorifero dei Taylor c’è un foglio scritto a mano da Trent due giorni fa che dice: «Voglio bene alla mia famiglia. I miei genitori sono la mia guida, questa casa è il mio posto sicuro dove trovo la pace. Siete i migliori genitori al mondo e ringrazio Dio che mi avete preso in affido, anni fa, e che mi avete voluto bene»

Lui sorride: «So già cosa farò da grande. Lo psicologo, per aiutare i ragazzi del foster care».

Dalla nostra corrispondente dagli Stati Uniti Silvia Kramar

fonte: http://www.mac-cares.org/index.html