Un Misna doc: studia, si impegna e offre il suo aiuto a chi come lui arriva dall’Africa

Tunisini-al-addiaccio 200Ha sedici anni e la consapevolezza di essere uno dei più fortunati tra i minori stranieri non accompagnati (Misna) in Italia. Grazie all’ accordo firmato da Ai.Bi. con il Comune di Lampedusa, è stato accolto in affido da una famiglia lampedusana. Oltre che soggetto destinatario di un progetto di accoglienza, Salah (nome di fantasia) vuol essere parte attiva. Riceve aiuto, ma è pronto a rimboccarsi le maniche per offrire le sue competenze, magari anche linguistiche, a favore dei migranti che arrivano sull’isola.

Originario del Senegal, è arrivato a Lampedusa su un barcone della speranza. Da tre mesi ha trovato nella famiglia Maggiore, residente sull’isoletta, la sua nuova famiglia. Al mattino frequenta la scuola per ottenere il diploma di scuola secondaria di primo grado. I professori garantiscono che si impegna molto:  i risultati migliori li ottiene in matematica. Di pomeriggio gioca a calcetto, con altri coetanei. O frequenta corsi di formazione. Da poco ha scoperto i segreti dell’arte culinaria made in Italy e al termine del corso, è stato premiato con un tablet. Che lo aiuta nell’apprendimento della lingua e non solo.

Come tutti i suoi coetanei la sera esce con gli amici. Ma non solo aiuta i genitori affidatari nei piccoli lavori di casa: quando sull’isoletta arrivano nuovi sbarchi, insieme al signor Maggiore raggiunge il porto e cerca di sopperire alle carenze dell’accoglienza garantita dalle istituzioni. L’ultimo intervento è stato in soccorso di undici tunisini, lasciati sul molo Favarolo all’addiaccio per tutta una notte, bagnati, infreddoliti. Salah, insieme alla referente del progetto Bambini in alto mare, ha portato loro the caldo, coperte e giubbotti.

Fondamentale questo passaggio, nella nuova ‘vita italiana’ di Salah. Il quale sa di essere sì ancora una persona bisognosa di aiuto, ma vuole anche impegnarsi come volontario a favore di altri migranti. E’- se si vuole- il valore aggiunto del progetto Bambini in alto mare. Un beneficiario deve sentire di essere importante per  coloro che lo aiutano, perché senza la cooperazione reciproca, non c’è vero aiuto. Per un migrante deve essere chiaro il messaggio che lui è importante, perché è una persona sì portatrice di bisogni, ma anche di risorse.