Family Lab. Griffini (Ai.Bi.): “Riuscirà la società civile a proporre un nuovo modello per l’adozione internazionale come nel 1998?”

griffini400x286Politica, etica e rapporti con le famiglie. Questi i 3 principali nodi da sciogliere per il futuro dell’adozione internazionale: un istituto che fino a pochi anni fa era il fiore all’occhiello della società italiana e che ora sta vivendo una fase di profonda crisi che rischia di portare alla fine dell’accoglienza adottiva. È l’analisi della situazione attuale e delle prospettive future emersa dall’incontro “Family Lab – Esperienze  e confronto sull’adozione” che si è tenuto a Roma sabato 9 maggio. Associazioni familiari, enti autorizzati e servizi territoriali si sono ritrovati per discutere tra loro e cercare di elaborare strategie comuni per rilanciare le sorti dell’adozione internazionale.

Il primo nodo da affrontare è politico. “Sarà ancora in grado la società civile – si è chiesto Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini –  di proporre un modello efficace di adozione internazionale?” L’esempio da imitare è quello di una ventina di anni fa, “quando un manipolo di enti autorizzati è riuscito a sconfiggere l’adozione ‘fai da te’ a favore di un sistema basato sulla sussidiarietà, con una legge che ha reso obbligatorio il ricorso agli enti stessi”. L’attuale crisi ha però rivelato un sistema debole di enti che faticano enormemente a creare un sistema. “Il rischio, quindi – avverte Griffini –, è che il futuro dell’adozione internazionale sia gestito interamente dal governo in prima persona, secondo un modello centralizzato”.

Il secondo punto nevralgico è quello etico. “Una delle priorità assolute per dare un futuro all’adozione internazionale – dice il presidente di Ai.Bi. – è la definizione di un modello di enti autorizzati fondato sulla trasparenza. Un impegno che deve vedere tutti gli enti uniti nel combattere la piaga dei pagamenti in nero di denaro contante. “Non si può invocare la gratuità dell’adozione – afferma infatti Griffini – se non si assicura la piena trasparenza”.

Quindi il terzo nodo: quello del rapporto con le famiglie. I dati della crisi ci dicono che, mediamente, si stanno perdendo 500 coppie all’anno: erano 7.786 nel 2006 e sono state circa 4.500 nel 2013. Di questo passo, la fine dell’adozione internazionale è paurosamente vicina. “È necessario ridare fiducia alle famiglie – afferma Griffini –: solo così queste potranno tornare a rivolgersi al mondo dell’adozione e restituire vigore a questo istituto in crisi”. Non è vero, del resto, ricorda il presidente di Ai.Bi., che le coppie non hanno più voglia di accoglienza: il problema è che sono costrette ad affrontare costi alti, tempi lunghissimi, iter burocratici farraginosi, selezioni durissime. Un problema, questo, avvertito anche dai Paesi di origine dei minori adottati. È recente il caso del Brasile, uno dei Paesi di maggiore provenienza dei figli adottivi delle coppie italiane, in cui le Commissioni Giudiziarie Adozioni (Cejas) si sono dette preoccupate per il calo delle adozioni realizzate e hanno auspicato al più presto una riduzione della burocrazia e dei costi.

Come risolvere, quindi, questi nodi? L’auspicio, per Griffini, è che finalmente si realizzi una collaborazione tra enti autorizzati, associazioni familiari e servizi territoriali.