4 mila nati in meno a marzo: l’Assegno Unico non basta!

29.496 nuovi nati a marzo 2022. 4 mila in meno rispetto al marzo del 2021. Certo, all’Assegno Unico bisogna concedere ancora del tempo prima di valutarne gli effetti, ma la sensazione è che ci voglia altro per ridare fiducia ai giovani e invertire il trend delle nascite

Gli Stati Generali della Natalità; i ripetuti allarmi e i conseguenti appelli; gli aiuti promessi e messi in campo per le famiglie… Tutto questo sembrava aver aperto uno spiraglio per l’inversione di quel trend di denatalità che ormai da decenni attanaglia l’Italia: nel corso del 2021 c’era stata una leggera ripresa, confermata nei primi due mesi del 2022. Ma i dati di marzo zittiscono chi sperava in un rimbalzo a lungo termine, segnando 4000 nascite in meno rispetto allo stesso mese dell’anno scorso per un totale di 29.496 nuovi nati.

Non si ferma l’emorragia di nascite in Italia

Questo andamento sembra suggerire che gli aumenti registrati già nel corso del 2021 siano da attribuire più che altro alla fine delle restrizioni del lockdown, quando le coppie che avevano magari rimandato i loro progetti a causa del Covid hanno “ripreso il discorso”. A conferma di questa interpretazione c’è il dato che mostra come siano state soprattutto le donne maggiori di 35 anni ad aver guidato il recupero, probabilmente spinte dalla sensazione che la pandemia avesse sottratto loro del tempo prezioso nell’ottica della creazione di una famiglia.
Evidentemente minor peso hanno avuto le riforme pensate per aiutare le famiglie, in primis l’Assegno Unico Universale. È vero che la sua piena introduzione è arrivata solo nel marzo del 2022 e, quindi, i suoi effetti non sono ancora giudicabili; ma i primi cambiamenti sono stati introdotti nel luglio del 2021, ovvero proprio 9 mesi prima di quel “meno 4000” certificato dall’Istat a marzo.
I più ottimisti speravano che già la promessa e la garanzia di una futura introduzione dell’Assegno Unico potessero dare proprio ai più giovani un’iniezione di fiducia e spingerli verso la decisione di concepire un figlio, ma, al momento, i dati e le sensazioni non sembrano andare in questa direzione.

Servono maggiori aiuti e un cambio di mentalità

L’impressione, dunque, è che sarà necessario ancora del tempo per infondere fiducia nei più giovani e dare loro delle prospettive di futuro tali da spingerli verso la formazione di una famiglia, anche pensando, di fronte a uno scenario geopolitico ed economico così incerto, di aumentare le misure di sostegno in tal senso. Certo è, però, che più passa il tempo e più diventa difficile invertire la rotta, soprattutto per il rischioso sedimentarsi di una cultura che veda la famiglia come un “di più” e non come il fondamento della società e l’unico pilastro possibile su cui costruire il futuro, personale e della comunità.