Quei bambini in balia dei capricci degli adulti. Il caso dei quattro gemelli di Miguel Bosè e Nacho Palau

I due, conviventi, hanno avuto negli anni due coppie di gemelli con l’utero in affitto. Poi, separandosi, hanno diviso i figli

Miguel Bosè, cantante e showman, e Nacho Palau, scultore, sono, o meglio erano, una coppia omosessuale. I due, nel tempo, hanno “avuto” quattro figli grazie all’utero in affitto: due coppie di gemelli. Ora, però, questi bambini, si trovano divisi: i loro “genitori” hanno deciso, nel 2018, di lasciarsi (erano semplicemente conviventi) e, mentre Bosè ha portato con sè una coppia di gemelli in Messico, dove vive attualmente, gli altri due, anche loro gemellini, sono rimasti in Spagna, dove risiede Palau.

Palau, però, vorrebbe ottenere l’affido di tutti e quattro i bambini e, per questo, si troverà contrapposto all’ex in un tribunale, dove, a decidere, saranno i giudici. Con un piccolo-grande problema di fondo. Sì, perché la Spagna, nel proprio ordinamento giuridico, non ha riconosciuto (fortunatamente) la maternità surrogata. E, dunque, una sentenza che dovesse riconoscere una sorta di “famiglia di fatto”, si troverebbe a riconoscere in un certo senso anche la genitorialità del “papà” che si vedrà affidati i bambini.

I bambini di Miguel Bosè e Nacho Palau: vittime dei capricci degli adulti?

Un’interessante e critica lettura dell’accaduto l’ha fornita, su La Nuova Bussola Quotidiana, Tommaso Scandroglio. “Transitiamo – scrive – dal diritto positivo a quello naturale e domandiamoci: di fronte a questo plurimo disastro sul piano della morale naturale – bambini nati da maternità surrogate volute da una coppia omosessuale – cosa fare? Arrivati a questo punto, quale potrebbe essere la scelta migliore dal punto di vista morale e al di là di ciò che dice il diritto? Il criterio da seguire è il miglior interesse dei bambini, il loro maggior bene. Tenendo dunque fisso questo fine, la soluzione migliore sarebbe quella di veder crescere i bambini con i loro genitori naturali, perché, come disse una volta Giovanni Paolo II, i figli hanno il diritto nativo di essere educati dai loro genitori biologici. Ciò detto, appare improbabile che le madri che hanno dato il loro ovocita acconsentano a crescere i loro figli e inoltre anche le legislazioni che permettono la pratica dell’utero in affitto vietano che la madre biologica che ha ‘donato’ l’ovocita – oltre che, a volte, anche l’utero – possa educare il figlio così concepito. Ugualmente improbabile, ma è ciò che detterebbe di fare la retta coscienza, che i due uomini (omosessuali) sposino altre due donne così da dare ai bambini la possibilità di essere educati da una figura maschile e da una femminile”.

Un vero groviglio etico e normativo. L’unica certezza, come ricorda ancora Scandroglio, è che “al di là del miglior bene possibile per questi quattro bambin(…) rimarranno nei piccoli molte ferite profonde, procurate dal sapersi concepiti tramite la fecondazione artificiale e la pratica dell’utero in affitto e comprati come un pacco dono, dalla consapevolezza che molti altri fratellini sono morti affinché loro potessero nascere, che sono stati strappati dalla loro madre e che sono stati cresciuti senza un riferimento femminile e infine dall’essere stati divisi. Tutto questo perché prima vengono sempre gli egoismi degli adulti”.